Quell'inutile minoranza

Se c'è una cosa che appare chiara, ora che sembra giunta la conclusione del conflitto nel Pd sulla questione ‘epocale’ eleggibilità sì/eleggibilità no dei futuri senatori, è che non è chiaro a che cosa serva la minoranza del Pd. Forse perché rappresentativa in buona parte di quel Pd all’ancienne – il Pd modello oligarchico che aveva rinserrato le fila dietro la segreteria Bersani e che si è infranto contro lo scoglio delle elezioni del 2013 e il tragicomico tentativo dell’allora segretario di formare un governo – quella minoranza è ancora alla ricerca di un’identità e la cerca così, un po’ alla rinfusa; come ha fatto sul tema delle riforme costituzionali. A un certo punto ha deciso che l’elezione diretta dei senatori era questione di vita o di morte. La democraticità di un sistema non dipende affatto dall’elettività dei suoi senatori (come la comparazione con diverse democrazie dimostra) e davvero non si capisce perché intestardirsi su di essa. O forse si capisce: si prestava facilmente all’argomento (falso) del ‘più democrazia’.    ORA canta vittoria dopo che è stato raggiunto un accordo su un emendamento che inserisce il voto dei cittadini per i candidati consiglieri in funzione della trasformazione di alcuni di essi in senatori, un pasticcio senza confronti, da specificare poi con leggi successive, ma che consente alla minoranza del Pd di dichiararsi in vita e a Renzi di far passare la sua riforma senza l’aiuto dei verdiniani. E dire che questa riforma costituzionale, costruita soprattutto per essere annunciata e davvero poco ponderata (parliamo di ponderazione sul merito, non di discussioni nelle direzioni in streaming del Pd), di materiale per costruire una critica severa e non pretestuosa ne sta fornendo da tempo, dalla composizione della camera alta (basata su un principio rappresentativo fumoso), all’intervento sul Titolo V, che secondo osservatori autorevoli appare ben lontano dal produrre la pretesa semplificazione nella suddivisione delle competenze tra Stato e Regioni. Ma la minoranza del Pd non è stata capace di costruire una propria linea e mantenerla, ha ogni volta annunciato rese dei conti che non si sono mai viste e ora si dichiara soddisfatta per un accordicchio che in realtà serve solo al segretario per poter annunciare il cammino trionfale verso la meta; la riforma, tra le sue luci e le sue tante ombre, non migliora e rimane l’interrogativo: a che cosa serve la minoranza del Pd?