Martedì 23 Aprile 2024

Colpa nostra

Gabriele Canè

Gabriele Canè

Roma, 31 agosto 2015 - Nella regione (la Sicilia) in cui hanno sciolto nell’acido un bambino. Nel Paese (il nostro) che ha esportato tagliagole e liberi docenti in malavita, oltre a tante cose magnifiche, non possiamo certo meravigliarci. Ma indignarci per i due anziani del paesino vicino a Catania trucidati da un extracomunitario, quello sì. E grondare rabbia. Nessuna meraviglia, anche perché è da tempo che queste cosiddette rapine in villa, che poi ville non sono, hanno un marchio straniero, soprattutto dell’Est. Come per i due ottantenni massacrati a bastonate e rapinati pochi giorni fa vicino a Latina. O per la famiglie sequestrate e malmenate a Rho e Camerino, con il babbo a far finta che quei signori mascherati facessero parte di un gioco per rassicurare il figliolo. Sono altre le cose di cui semmai dobbiamo meravigliarci sull’argomento. Che queste bande siano più o meno conosciute, prima di tutto. Specialisti che stanno spesso negli schedari, ma che vanno e vengono dai loro Paesi attraverso le frontiere colabrodo dell’Europa. E vanno e vengono pure dalle nostre galere, perché la severità della pena non corrisponde alla fatica fatta dalla polizia per catturarli.

Quanto all’episodio del Catanese, possiamo prendercela con il giovane africano accusato del duplice omicidio senza temere scomuniche. Anzi, dobbiamo. Senza pietismi. Perché il giovanotto, non solo non avrebbe dovuto uccidere, ma molto probabilmente non avrebbe dovuto neppure stare lì, ma a casa sua. Per cui non avrebbe sgozzato il marito, e buttato dalla finestra la moglie. Stop. Detto questo, però, dobbiamo prendercela anche con noi. Perché quando a due passi dal luogo del delitto, a Mineo, mettiamo in piedi un Centro richiedenti asilo con una popolazione di oltre 3000 persone, dunque superiore alla metà dei comuni italiani. Quando in questo Cara, la polizia se ne sta ai cancelli, perché dentro si applicano altre leggi decise dagli ospiti; fioriscono commerci di ogni tipo, e si organizzano bande malavitose di ogni colore. Quando i migranti aspettano un anno la risposta alla loro richiesta (e nella stragrande maggioranza dei casi è un no), mentre la nostra legge ne prevederebbe 35: poi chi non è in regola dovrebbe fare fagotto e tornare a casa. Quando siamo noi che gli lasciamo il tempo di fare ciò che vogliono, anche i delinquenti, beh, possiamo indignarci, ma forse è il caso che ci guardiamo pure allo specchio e cominciamo a darci un mossa. 

E' vero abbiamo criticato la Merkel quando ci ha sollecitato ad accorciare i tempi. E abbiamo fatto bene: non doveva sconfinare. Ma aveva ragione lei. Allora, mettiamo mano alle riforme, aboliamo tutto ciò che c’è da abolire, Province, Senato, le Tasse. Ma nel frattempo, mettiamoci nella condizione di rispettare le leggi che facciamo. Di difenderci. Prendiamo tutto il personale che serve e mandiamolo dove serve. Non a Roma a fare flanella. Ma in Sicilia a smistare pratiche di accoglienza. Non staremo nei 35 giorni, ma in qualche settimana potremo stabilire chi è vittima di guerre e carestia, e chi invece deve tornare all’ovile, per evitare che faccia vittime a casa nostra. Fermare i barconi è impossibile. Ma smuovere i burocrati lo sembra ancora di più. Però, bisogna farlo. Perché può succedere che in attesa di asilo a qualcuno venga in mente di rubare e sgozzare. Senza alcuna ...caritas.