Giovedì 18 Aprile 2024

Marò, la Nia insiste: "Spararono senza alcuna provocazione e senza lanciare un avvertimento"

L'agenzia nazionale per la sicurezza indiana ribadisce la tesi accusatoria contro i due fucilieri della Marina

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone  a New Delhi  6  febbraio 2014 (Ansa)

Massimiliano Latorre e Salvatore Girone a New Delhi 6 febbraio 2014 (Ansa)

New Delhi, 9 gennaio 2015 - I due marò italiani, Massimiliano Latorre e Salvatore Girone, spararono al peschereccio indiano St Anthony senza aver subito alcuna provocazione, senza aver lanciato prima alcun segnale di avvertimento e quando ormai l'imbarcazione era a 125 metri di distanza e dunque non poteva certo esser confusa con una lancia di pirati. Lo ribadisce la Nia, l'agenzia nazionale per la sicurezza indiana, al quotidiano indiano The Economic Times

Secondo la fonte i due fucilieri della Marina hanno commesso un omicidio vero e proprio, "spararono al peschereccio senza alcuna  provocazione e senza alcuna indicazione che potesse fare pensare a una nave pirata".

"Non furono lanciati colpiti di avvertimento nè mini-razzi per mettere in guardia i pescatori. E furono sparati venti colpi da armi automatiche": è l'impalcatura accusatoria delineata nel rapporto della Nia, rapporto non ancora depositato perché l'Italia ne contesta la giurisdizione. Il rapporto - scrive ancora il quotidiano - contiene anche riferimenti alle presunte violazioni di Latorre e Girone alla linee-guida comportamentali delineate dalla Organizzazione internazionale marittima in materia di lotta alla pirateria, linee-guida che indicano come si riconosce un'imbarcazione di pirati. 

"Il peschereccio non aveva quelle caratteristiche". La fonte sostiene anche che i due marò fossero alla loro prima missione a bordo della MV Enrica Lexie, "apparentemente non ben addestrati"; e quando sono stati interrogati, "poichè erano stati istruiti a non parlare, non ci hanno dato alcuna risposta". La Nia - assicura infine la fonte - continuerà a opporsi all'istanza italiana che contesta dinanzi alla Corte Suprema la giurisdizione dell'agenzia sostenendo che l'incidente accadde in acque internazionali.