Martedì 23 Aprile 2024

"Un padrino sopra Carminati". Parla Mancini, ex della Magliana: la banda è ancora viva

Antonio Mancini era l’Accattone. "Er Guercio stavolta non se la cava"

Antonio Mancini, ex della banda della Magliana. Oggi uomo libero

Antonio Mancini, ex della banda della Magliana. Oggi uomo libero

JESI (Ancona), 6 giugno 2015 - «MAFIA capitale due? Continua a schifarmi, ma non a stupirmi. Anzi mi aspettavo qualcosa di più forte e penso ci sarà una terza ‘infornata’. Carminati ha qualcuno sopra di lui». Antonio Mancini, l’ex ‘Accattone’, era uno dei boss della banda della Magliana. Ora è un uomo libero, trascorre la sua vita a Jesi, al servizio e al fianco degli ultimi. Ha ricostruito la sua verità in un libro scritto con Federica Sciarelli: «Con il sangue agli occhi», che sta per uscire in ristampa, rivisto con le sue nuove verità su Mafia capitale.

Fine anni ’70, la banda della Magliana conquistava Roma a colpi di pallottole, droga, pugni e poker. Quando ha conosciuto Carminati?

«La banda era già formata. Carminati lo conosco da quando aveva tutti e due gli occhi boni. Prima di vederlo, ne conoscevo la fama, era tenuto in considerazione da tutti, stimato, si parlava di un suo omicidio a un tabaccaio, Teodoro Pugliese e a Mino Pecorelli (giornalista ucciso nel 1979, ndr)».

Ma è stato assolto.

«Sapesse quante volte sono stato assolto io, pur essendo colpevole. Del resto Carminati è stato assolto anche per il depistaggio organizzato dai servizi segreti deviati per sviare le indagini sulla strage di Bologna. Ha probabilmente santi in Paradiso».

Pensa che ne uscirà indenne?

«Sì, forse non con l’assoluzione. Anche una condanna è accettabile: purchè non troppo pesante. Nella bandaccia avevamo stabilito anche gli anni di carcere accettabili. ‘Cinque anni s’areggono’ dicevamo: ‘Più de cinque è ‘na rottura de c...’. Io li ho doppiati, ne ho fatti undici, ma perchè mi hanno preso col sangue che colava. Condannato a 28 anni per quattro omicidi, ma io moralmente mi sento responsabile di tutti».

Diceva che il ‘Re di Roma’ lo ha sorpreso?

«Mi hanno sorpreso i termini che utilizza. Me lo ricordo educato, riservato, mite. Ora usa espressioni grevi che non gli appartenevano. Per stare nel mondo di mezzo devi mantenere certi atteggiamenti, devi plasmarti».

Lui dà pessimi giudizi sulla banda, parla di accattoni, straccioni e venditori di droga capaci solo di ammazzare.

«Sì, er Guercio mi fa incazzare, lui si chiama fuori da tutto. Mi meraviglia che non l’abbia detto allora che gli facevamo questo brutto effetto. Mi chiedo come possa essere contento di certe parole chi sta ancora scontando il carcere per avere vendicato il suo mentore Franco Giuseppucci. Per il resto ha detto cose non del tutto false, perchè noi della Magliana eravamo così: un passo avanti e caricatori della pistola pieni. Per prendere Roma sparavamo solo ai capi, così i loro sottoposti erano allo sbaraglio».

E se potesse incontrarlo e parlarci cosa gli direbbe?

«Sarebbe questione di cazzotti e revolverate. Poi gli direi: ‘Ciccio, non pensare che a comandare sei te. Quando non servirai più, farai la stessa fine delle tue vittime’».

È convinto ci sia qualcuno sopra di lui?

«Sì, i pescecani devono ancora venire fuori, non so se lo faranno mai».

Ha già detto che quanto sta emergendo con Mafia capitale non lo stupisce.

«Sono cose che vado dicendo da anni, chi è Carminati, che la banda non è mai morta... Però questo è malaffare, un mondo che fa schifo. Fare i soldi con gli immigrati, gli ultimi, mi fa vomitare».

Verrebbe da dire da che pulpito.

«Anche noi criminali, non andiamo oltre certi limiti di pudore e pudicizia. Non facciamo usura, pizzo né sequestri di persona. Qual è il reato qui? È tutto un gioco di potere, livelli sporchi. Noi ammazzavamo per tirarci fuori dai guai, dal fango».