Giovedì 18 Aprile 2024

L’orrore dalla realtà al cinema. "Il nostro vaccino contro le paure"

Il film «Room» ispirato al caso del mostro Fritzl ha vinto l’Oscar

Elisabeth Fritzl (Olycom)

Elisabeth Fritzl (Olycom)

Roma, 28 agosto 2016 - È DIFFICILE immaginare quello che può aver vissuto, sofferto e temuto Natascha Kampusch in quegli otto anni di prigionia. Così come è difficile immaginare quello che può aver passato Elisabeth Fritzl, nei ventiquattro anni in cui il padre scendeva nella cantina-bunker per abusare sessualmente di lei. Costringendola a dare alla luce sette figli, frutto dell’incesto, venuti al mondo senza che nessuno la assistesse. È difficile immaginarlo, fa parte del peggio di cui è capace l’essere umano. Forse proprio per questo, la letteratura, il cinema e le stesse vittime di quegli eventi spaventosi hanno provato a ripercorrere quelle emozioni terribili. Per liberarsene e, in qualche modo, liberare anche tutti noi spettatori. Per riuscire, in qualche modo, a vaccinarci contro questo orrore. Così, dal caso Fritzl è nato il film Room, tratto a sua volta dall’omonimo best seller della scrittrice Emma Donoghue. Un film che è valso alla protagonista, Brie Larson, l’Oscar come miglior attrice protagonista, un Golden Globe e un Bafta, l’Oscar britannico. Un film che mette in scena un enorme problema, che si aggiunge a quello della segregazione: il problema del ritorno a una vita ‘normale’. Che normale non potrà essere più. La parte più tremenda di Room in realtà, è quella in cui la protagonista deve confrontarsi con l’esterno, con la vita reale, con un mondo infinitamente differente da quell’acquario malato e fetido dove era stata rinchiusa con il suo bambino.   ANCHE sul caso Kampusch è stato realizzato un film, intitolato 3096 Tage, 3096 giorni. A interpretare la parte della ragazzina austriaca, l’attrice irlandese Antonia Campbell-Hughes. La pellicola è uscita nel 2013, diretto da Sherry Hormann. Ma, andando velocissimamente, anche la serie di romanzi Millennium – Uomini che odiano le donne, con relativa efflorescenza cinematografica, racconta di un personaggio che segregava e schiavizzava le proprie vittime, per poi ucciderle. E ci sono molti altri film che trattano, più o meno morbosamente, casi simili: Il silenzio degli innocenti dove ‘Buffalo Bill’ segregava e torturava ragazze. Perché, perché il cinema si è interessato così tanto a questo orrore? Perché forse sta, nel fondo limaccioso dell’inconscio, nei bassifondi dell’istinto maschile, una tendenza più o meno primordiale al possesso, al controllo della donna. Tenerla sotto chiave, poter disporre di lei a proprio esclusivo piacimento: è il limite massimo della concezione della donna come un oggetto. La donna, con un’accelerazione fortissima negli ultimi sessanta anni, ha smesso di piegarsi a questo ruolo. C’è qualche maschio, più insicuro di altri, che evidentemente non ci sta. E questo è il risultato. Con punte di follia criminale consegnata alla cronaca in alcuni casi. Il resto dell’umanità si vaccina, in qualche modo, da questo fondo oscuro che forse c’è nell’inconscio maschile, attraverso la finzione cinematografica.