Catturandi, Anita Caprioli scova i mafiosi nella fiction

L'attrice protagonista della fiction Rai: "Ma la mia Palma non è un'eroina"

Anita Caprioli protagonista di "Catturandi"

Anita Caprioli protagonista di "Catturandi"

Roma, 12 settembre 2016 - «Non è un’eroina, non è una super poliziotta», precisa subito Anita Caprioli. Ma certamente il personaggio di Palma Toscano, rappresenta una prova nuova e diversa per l’attrice, protagonista in cinema e tv di opere di vario genere, dalle commedie al cinema d’autore, da “Immaturi” a “Corpo celeste”. Palma Toscano è a capo della “Catturandi”, una sezione della Squadra mobile di Palermo, una punta di diamante nella lotta dello Stato alla mafia, che esiste realmente e ha catturato tra gli altri Provenzano e Brusca. La serie in sei puntate “Catturandi - Nel nome del padre”, regia di Fabrizio Costa, andrà in onda su Raiuno da stasera. Altri interpreti principali, Alessio Boni, Massimo Ghini, Leo Gullotta.

Caprioli, chi è la sua Palma Toscano?

«È un personaggio un po’ disordinato, nel senso che non è un’eroina perfetta, una super poliziotta. Abbiamo cercato di farne una figura il più possibile vicina alla realtà, anche con caratteristiche e limiti simili a tanti. Ha una vita sentimentale abbastanza disastrosa e un’emotività talvolta eccessiva, che la fa non essere adeguata alle situazioni, nonostante il suo grandissimo intuito».

La serie si ispira alla cronaca, alla realtà della Catturandi?

«Gli sceneggiatori si sono ispirati a un libro, che si intitola “Catturandi”, scritto in forma anonima da un membro di questa squadra, con esperienza di anni in questa sezione. Si prende quindi spunto dalla realtà, per poi romanzarla, creando personaggi ognuno con i suoi problemi e sentimenti. Non c’è solo il contesto mafioso».

È stato possibile incontrare dei veri agenti della Catturandi?

«Non solo li abbiamo incontrati, ma abbiamo avuto la fortuna di trovare delle persone estremamente disponibili. Io personalmente ho avuto la possibilità di rimanere in stretto contatto con una di queste persone, anche con compiti di grande responsabilità e che è stato fondamentale per essere il più possibile vicina alla realtà. È stato un privilegio».

Cinque mesi di riprese a Palermo. Lei, piemontese, come si è trovata?

«Palermo la conosco da tanto tempo, la Sicilia è una regione che amo. Io sono mezza piemontese e mezza calabrese, per cui anche il sud mi appartiene, fa parte molto di me. Quindi, tornare a Palermo e rimanerci così tanto tempo, è stato un po’ un regalo. Nella serie abbiamo avuto la possibilità di mostrare anche i dintorni meravigliosi di Palermo. Poi, certo, c’è la parte malata della città, c’è il contesto mafioso, che peraltro ormai non appartiene più soltanto a questa terra. Perché quando si parla di mafia si pensa sempre al sud, ma ormai purtroppo riguarda mezza Italia, e anzi c’è più mafia al nord che al sud».

Cosa ne pensa di una serie come “Gomorra” che invece racconta la criminalità dalla parte dei camorristi?

«“Gomorra” è un racconto epico, shakespeariano. Come nelle tragedie di Shakespeare, com’è per Macbeth, il protagonista è un personaggio negativo ma a cui vengono riconosciute tutte le colpe di cui si macchia. È uno sguardo diverso sulle carneficine che coinvolgono intere famiglie, sulla durezza e crudeltà di certe azioni».

È stata sua madre, che faceva l’attrice, a trasmetterle la passione per questo lavoro?

«Sia mia madre che mio padre hanno lavorato in una filodrammatica, a Varese, quando io avevo cinque, sei anni. Amavano il teatro e quella che era all’inizio solo una passione, sono poi riusciti a farla diventare una professione, mia madre facendo l’ attrice e mio padre dando una mano alla compagnia. E quindi questa passione, questo amore per il teatro, mi è stato semplicemente trasmesso».

A giugno è diventata mamma, per la prima volta. La piccola Viola, avuta con Daniele Pecci, come ha cambiato la sua vita?

«È un cambiamento preventivato e desiderato. Una cosa stupenda».