Sanremo 2019, le 24 canzoni in gara: politica, amore e disagio

Poco romanticismo e molto impegno, i brani del Festival ascoltati in anteprima

Claudio Baglioni, direttore artistico del Festival di Sanremo 2019 (Ansa)

Claudio Baglioni, direttore artistico del Festival di Sanremo 2019 (Ansa)

Sanremo, 19 gennaio 2019 - Dubbi, confusione, generazione. Un grande interrogativo sulla direzione del futuro. Anche nei testi apparentemente leggeri, ci suggerisce Claudio Baglioni. Dove il sentimentale è politico e viceversa. Ascoltate le 24 canzoni di Sanremo 2019, letti i testi. Livello medio buono, «quel che si ascolta in giro – conferma Baglioni – molti interventi parlati vicini al rap, al recitato e al detto. Sono intervenuto in prima persona quando ci sono arrivate le canzoni, come quella di Bungaro, ho suggerito Renga. O quella di Zibba per Patty Pravo, dove ho pensato a Briga». Non ci sarà l’autotune sul palco, liquida l’ennesima polemica sulla canzone Caramelle. «Non c’è stata nessuna censura, lo vedrete nei testi in gara. Ma non siamo infallibili, è il limite di qualsiasi commissione». 

Le canzoni che piaceranno. Nek (Mi farò trovare pronto), ballatona rock pop, sul pulsare di radio e discoteca, con un nuovo decalogo di sopravvivenza alle regole, leggi, principi della coppia. E piccola apertura melodica. Bizzarra è Arisa (Mi sento bene), quattro buone idee a trenino, dalla romanza leggera alla Matia Bazar e Battiato, atmosfere retrò, amarcord e una vocalità nuova. Se non ci penso più mi sento bene. Ultimo (I tuoi particolari) è tra i favoriti. Il tema, ricorrente, dell’ambiguità dell’abbandono, reale o percepito, la forza dei ricordi, la tenerezza come chiave di contatto e una voce che vira verso Tiziano Ferro. L’alternativo che trascina.

Daniele Silvestri (Argentovivo) con Rancore. Testimonianza cruda del disagio giovanile, un sedicenne che vive, da quando era bimbo, la scuola e la famiglia come una prigione, le prospettive di vita come irreali. Alzando il volume della musica, rifugiandosi in un mondo virtuale. Avevo l’argento vivo, mi avete messo da solo davanti a uno schermo. Batteria, elettronica, movimenti e onde di una grande orchestra. Geniale. 

Favorito, ovviamente, Il Volo (Musica che resta) con una romanza leggera che li avvicina al pop. Irama (La ragazza col cuore di latta) affronta il tema della violenza domestica in una dichiarazione di cura e di amore, anche quando lei è incinta. Il sentire comune a Simone Cristicchi (Abbi cura di me), con una declinazione poetica diversa, la voglia di volare fra le montagne e il mare, abbracciami se avrai paura di cadere. Nino D’Angelo e Livio Cori (Un’altra luce) si guardano negli occhi cercando fra due generazioni una resurrezione.

Piaceranno le band. Zen Circus (L’amore è una dittatura) torrenziale arringa d’amore. Hai la democrazia dentro il cuore, ma l’amore è una dittatura, fatta di imperativi categorici ma nessuna esecuzione. Mentre invece l’anarchia la trovi dentro ogni emozione. Negrita (I ragazzi stanno bene), chitarre anni ‘60, fischio e melodia, Politica: «dei fantasmi sulle barche da barche senza un posto, come un comandante a cui conviene il gioco sporco». Ma i ragazzi stanno in strada con furore. Ex Otago (Solo una canzone) canzone d’amore e sesso esplicito, ma è solo una canzone, abbracciami amore. Boomdabash (Per un milione), reggae 4.0, non ti cambierei per un milione perché sei tu che porti il sole.

Il linguaggio. Motta (Dov’è l’Italia) fra sentimentale e sociale, in un Paese reale e psichico dove ci si può perdere e ritrovare. Bello il ritratto del nonno ruspante e livornese di Nigiotti (Nonno Hollywood), insolito il linguaggio erotico di Ghemon (Rose viola). Autobiografica e anni ‘60 Loredana Bertè (Cosa ti aspetti da me), come Anna Tatangelo (Le nostre anime di notte), quasi un selfie. Evocativa Patty Pravo (Un po’ come la vita) con Briga. Forte e diretta Paola Turci (L’ultimo ostacolo). 

Non banale Mahmood (Soldi), vaffa generazionale fra un giovane egiziano libero e un padre finto tradizionalista. Beve champagne sotto ramadan, alla tv danno Jackie Chan, fuma narghilè, chiede come va. Una bella classica canzone per Francesco Renga (Aspetto che torni). Esibizionista e citazionista vintage Achille Lauro (Rolls Royce), solo generazionali Einar (Parole nuove), Federica Carta e Shade (Senza farlo apposta). Ma li voteranno.