L'Urss cercava gloria nello spazio. Ma Laika non salvò il comunismo

Sessanta anni fa il lancio dello Sputnik mentre vacillava il mito della Rivoluzione russa

La cagnolina Laika prima della partenza dello Sputnik (Ansa)

La cagnolina Laika prima della partenza dello Sputnik (Ansa)

Roma, 7 novembre 2017 - E così la gloriosa rivoluzione bolscevica si affidò al cielo, perché le cose sulla terra non si mettevano molto bene per i russi. Erano cominciate ad arrivare le delusioni, prima con la morte di Stalin nel ’53, che da piccolo padre venerato diventò improvvisamente un dittatore sanguinario, poi per colpa di Kruscev che nel ’56 prima promise di rompere le catene di Stalin e poi mandò i carri armati a schiacciare la rivolta di Budapest. Nonostante il persistente orgoglio nazionale appagato dalla vittoria su Hitler, in quei difficili Anni ’50 il mito della Rivoluzione d’Ottobre vacillava e fu solo grazie ad uno scienziato senza nome che l’Unione Sovietica proprio mentre celebrava i quaranta anni dal ’17 riuscì a vivere un momento magico al punto da credere che avrebbe vinto anche la Guerra Fredda.    Questo avvenne nell’autunno del ’57, quando lo scienziato senza nome, cogliendo di sorpresa tutto il mondo e in primo luogo gli Stati Uniti d’America, realizzò e lanciò nello spazio il primo satellite artificiale, lo Sputnik 1. Una sfera di alluminio di poco più di mezzo metro, che pesava 80 chili e aveva quattro antenne di tre metri l’una. Ma era lanciato da un razzo vettore gigantesco che pesava quasi trecento tonnellate e aveva una base larga dieci metri. L’impresa riuscì. Era il 4 ottobre, un giorno che l’America visse come una sorta di replica di Pearl Harbour. 

I comunisti di tutto il mondo videro in quel razzo il compimento del disegno politico di Lenin, che aveva indicato nella tecnologia e nella modernizzazione la frontiera da raggiungere per costruire la nuova umanità. Non era stato forse Lenin a dire che il comunismo è il potere sovietico più l’elettrificazione? Un mito talmente vero che lo slogan è rimasto scritto davanti al Cremlino fino a che non si dissolse l’Urss. Ma non finì lì. Un mese dopo l’Urss mette a terra gli Usa con un altro colpo micidiale, l’invio nello spazio del primo essere vivente, è il 4 novembre del ’57, il giorno del quarantesimo anniversario della rivoluzione. E questa volta sullo Sputnik c’è la cagnetta Laika

Alcuni mesi prima, esattamente il 22 maggio, Kruscev aveva lanciato uno slogan ultimativo: «Bisogna raggiungere e superare gli Stati Uniti» e il nuovo razzo fu il mezzo propagandistico ma anche una prova di reale significato scientifico che consentì al capo del Cremlino di pensare che il suo ordine era stato eseguito. E ancora una volta questo accadde grazie allo scienziato senza nome, che, solo dopo la sua morte, si seppe chiamarsi Sergei Pavlovic Korolev, il padre di tutti i satelliti sovietici di quegli anni.   Senza di lui l’Urss non avrebbe mai avuto quel decennio di superiorità sugli Usa. La ragione per cui di lui non si conosceva il nome fu, secondo le spiegazioni che vennero date, che i sovietici temevano che lo scienziato, se identificato, potesse essere ucciso dagli americani. Seguirono i successi che tutti conosciamo e che sono ben raccontati nell’interessante libro di Stefano Pivato e Marco Pivato, 'I comunisti sulla luna, l’ultimo mito della Rivoluzione russa', edito da Il Mulino.

Il 12 aprile del ’61 l’aviatore Juri Alekseevic Gagarin parte dal cosmodromo di Baikonur a bordo di una capsula spinta da un razzo intercontinentale e in pochi minuti raggiunge la velocità di 27 mila chilometri orari. Gagarin diventa il primo uomo a viaggiare nello spazio e gli annali dicono che esclamò: «Da quassù la terra è senza frontiere, è bellissima e non vedo nessun Dio». Inevitabile propaganda. Poi dopo lui il 16 giugno del ’63 fu la volta di Valentina Tereskova, la Eva cosmonauta. Furono anni in cui i russi si illusero che la Rivoluzione d’ottobre aveva generato buoni frutti, anche se la realtà non era quella che dipingevano e comunque la festa non durò molto. Ad esempio le versioni ufficiali raccontarono che la cagnetta Laika aveva vissuto quattro mesi nello spazio e invece uno degli scienziati che partecipò all’impresa, Dmitrij Malkeshenkov, nel 2002, raccontò che era morta dopo cinque o sei ore per gli eccessivi sbalzi termici all’interno della cabina.   La festa dei comunisti, che non avevano trovato il paradiso in terra ma erano riusciti a trovarlo in cielo, durò fino al 20 luglio 1969, quando l’Apollo 11 si adagiò sulla Luna portandovi tre cosmonauti americani. Evento che segnò la definita sconfitta dei sovietici nella sfida spaziale fra le due superpotenze. E anche questo accadde non per caso. Successe perché lo scienziato senza nome morì ancora giovane e senza di lui l’Urss non riuscì più a recuperare. Lui che era un eroe del comunismo (è sepolto al Cremlino) morì, ecco la non casualità, per colpa del comunismo ovvero per le sofferenze che aveva dovuto sopportare per sei anni nei gulag del Kazakistan, dove era stato deportato perché nel ’38 non era riuscito a portare a buon fine certi suoi esperimenti scientifici. Insuccessi che i tribunali del popolo giudicarono, anziché invitabili esiti della ricerca, colpe da espiare. Fu per quella morte prematura che la Rivoluzione russa perse anche la sua ultima occasione.