Giovedì 18 Aprile 2024

Mick Jagger, sul web due nuove canzoni. "Viviamo un'epoca di confusione"

Nella politica non c’è satisfaction. E Jagger te lo canta, ma da solista

Mick Jagger

Mick Jagger

Milano, 28 luglio 2017 - Sir Michael Philip Jagger aveva scelto il giorno del suo settantaquattresimo compleanno per scartare di lato l’epopea delle varie “Gimme shelter” o “Jumpin’ Jack Flash” e tornare sul mercato del disco senza il marchio che l’ha reso un’icona rock. Ma i tempi tecnici del web l’hanno costretto a rimandare di ventiquattro ore l’evento e così solo alle 18.30 di ieri “Gotta get a grip” ed “England lost”, i due nuovi brani registrati in gran segreto negli ultimi mesi assieme al tastierista Matt Clifford e al programmatore Robbie Nelson, hanno preso vita nel web accompagnati da relativi video. Sei ore dopo erano entrambi già disponibili nei negozi digitali. Il modo scelto da Sir Mick per appuntare lo sguardo “sull’epoca di confusione e frustrazione che stiamo vivendo”, come ha fatto sapere attraverso un comunicato.

LO STESSO senso d’inappagamento, in fondo, che da oltre mezzo secolo tiene i fili del suo pezzo più clamoroso, derivante pure in questa occasione “dall’ansia e dalla consapevolezza di non conoscere il cambiamento politico in atto”. Corsi e ricorsi di un animo tormentato, che affiorano soprattutto dalla poca “satisfaction” del testo di “England lost” (“ho perso la trama e credo di aver perso il punto / penso che andrò a casa a fumarmi uno spinello”) e di quel controverso passaggio di “Gotta get a grip” che dice “gli immigrati stanno ammassando / rifugiati sotto la tua pelle / Teneteli sotto / teneteli fuori / Gli intellettuali chiudete la bocca / picchiateli con un bastone”. Alienazione pure nei due video diretti da Saam Farahmand, in cui la notte sballata di Jemima Kirke (“Gotta get a grip”) si contrappone al pomeriggio ossessionato di Luke Evans (“England lost”). Più che un ritorno di fiamma del Glimmer Twin per il brano singolo, l’operazione assomiglia da vicino al tentativo di tastare il terreno e verificare le potenzialità di un nuovo album solista; il quinto di una discografia peraltro incatenata alla ditta con la linguaccia. D’altronde è il pubblico a scegliere; e da mezzo secolo i fans hanno deciso che la band non si tocca, facendo naufragare senza appello ogni tentativo da parte di Jagger & Richards di mettere in piedi avventure soliste che potessero in qualche modo arrischiare il bene supremo, questi 55 anni da Stones.

A BEN guardare, stessa sorte toccata pure ad altre formazioni costrette a rimanere assieme nonostante tutto. Quando nell’85 arrivò “She’s the boss”, primo tentativo da parte di Jagger d’intestarsi una carriera tutta sua andò così così, con il successore “Primitive cool” andò peggio nonostante lo zampino di Dave Stewart, stesso discorso per “Wanderng spirit” o, ancora più di recente, per quel “Goddess in the doorway” che annotava fra i crediti pure Bono e di Lenny Kravitz. D’altronde, cominciare a provarci a 41 anni, quando sulle spalle hai pietre non rotolanti ma filosofali del rock come “(I can’t get no) Satisfaction” o “Brown sugar” è un’impresa da K2. Meglio avventure borderline come il progetto SuperHeavy in condominio con Joss Stone, lo stesso Stewart, Damian Marley, e il compositore indiano A.R. Rahman. Anni fa Jagger ha provato a scriversi addosso una biografia, ma poi s’è visto costretto a restituire l’anticipo. E chi lo conosce sa che non dev’essere stato facile (per il milione di dollari messo generosamente sul tavolo dall’editore). Ma quando ti trovi davanti alle prime avvisaglie del trentunesimo album in studio degli Stones e alle certezze di un nuovo giro di concerti, quel colossale No Filter Tour atteso pure a Lucca il 23 settembre, capisci che per lui l’ultimo capitolo è ancora dall’altra parte della luna.

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro