Giovedì 18 Aprile 2024

Leda, l'anarchica musulmana che amò Mussolini

Attivista anarchica di fede musulmana, ma anche proto-femminista, Leda Rafanelli ha attraversato il Novecento italiano vivendo molte vite. Un graphic novel pubblicato da Coconino-Fandango riscopre un personaggio storico originale e ormai dimenticato

Una foto d'epoca di Leda Rafanelli

Una foto d'epoca di Leda Rafanelli

Bologna, 5 febbraio 2017 - Anarchica, musulmana, proto-femminista. Tre caratteristiche in palese contraddizione l’una con le altre. Non è facile cogliere l’essenza di Leda Rafanelli, scrittrice e attivista politica che ha attraversato la prima parte del Novecento italiano da protagonista ormai dimenticata. Musa e amante, tra gli altri, del pittore futurista Carrà e di un giovane (e socialista) Mussolini, ora viene riscoperta da un graphic novel realizzato da Francesco Satta e Luca De Santis alla macchina da scrivere, e da Sara Colaone, già vincitrice di un premio Micheluzzi e insegnante all’Accademia delle Belle Arti di Bologna, alla matita e al pennello. Il libro, dal titolo ‘Leda’ edito da Coconino-Fandango, è stato presentato nei giorni scorsi nel capoluogo emiliano, alla presenza di tutti e tre gli autori, coordinati dalla giornalista Giorgia Olivieri.

Come è nata l’idea di questo fumetto?

Sara Coalone: Nel 1999 feci una ricerca nell’archivio anarchico Berneri-Chessa, a Reggio Emilia, e spuntarono fuori queste foto di Leda tutta bardata, vestita da faraona e zingara, come amava farsi fotografare lei. Il personaggio è rimasto lì molti anni e ogni tanto rispuntava fuori.

Francesco Satta: Mi sono letto gli scritti di Leda, dove lei si racconta con molti dettagli, c’è moltissimo materiale, forse troppo, e non è sempre facile metterci mano. Siccome Sara non era mai contenta (ride, ndr) del resoconto biografico, preciso ma forse un po' ingessato, ci siamo rivolti a Luca per introdurre una dose di follia nella narrazione.

Luca De Santis: Quando c’è tanto da raccontare, il rischio è di perdere di vista l’obiettivo. Leda è una figura eccentrica e volitiva, molto pop per l’epoca.

Chi è Leda Rafanelli?

FS: Una tipografa e militante anarchica: scriveva, partecipava al dibattito, fu la prima a pubblicare gli scritti di Friedrich Nietzsche, e poi aderì all’Islam, in particolare al Sufismo. Immaginate questa figura muoversi nella Milano del 1920, nel suo ‘harem’, lei lo chiamava così, dove invitava intellettuali, amanti e personaggi di spicco, tra cui anche il giovane Mussolini, che allora era socialista.

SC: Oggi Leda è stata dimenticata, ma allora aveva una certa influenza, forse proprio per le sue contraddizioni: religione e anarchismo, ad esempio, sono incompatibili. In quegli anni c’era un contesto cosmopolita, molto vivo intellettualmente, in questo quadro la sua figura si stacca forse un po’ meno dal fondo.

Leda è molto libera in amore, ha diversi amanti, ma il rapporto col suo ‘Sidi’, che significa signore, oggi forse farebbe arrabbiare più di una femminista…

SC: Leda si prende la libertà di giocare con la schiavitù in amore. Passa da Luigi Polli, a cui rimarrà sposata per tutta la vita, al tipografo Giuseppe Monanni, il suo ‘Sidi’, appunto. Poi ha un’avventura col pittore futurista Carlo Carrà, un rapporto con Mussolini (un bacio, come dirà poi, o forse di più?) e, nell’ultima parte della sua lunga vita, avrà a fianco giovani amanti africani, in piene leggi razziali. Era un’ammaliatrice, in un senso che oggi si è un po' perduto, e, anzi, direi che alcuni la considerano una proto-femminista proprio per la sua forte autonomia. 

Potrebbe esserci una Leda, al giorno d’oggi?

LDS: Per darle forma, mi sono ispirato a Diane Vreeland, direttrice di Vogue dagli anni ’60. La Vreeland disse che non era mai stata in Russia perché non voleva rovinare l’idea che aveva di quel Paese. Ecco, Leda è un po’ così: coltiva questo mito dell’Egitto e dell’Africa, ha queste visioni delle palme, delle piramidi nel deserto…ci sarà andata veramente?

FS: Leda dice che un viaggio l’ha fatto, ma amava molto ricamare sui suoi scritti, romanzando la propria storia.

Che impatto ha avuto il graphic novel? Quali commenti avete registrato da parte dei lettori?

SC: A Lucca Comics mi ha fatto piacere vedere delle ragazzine che tiravano per la giacca le madri e sfogliavano il libro. Onestamente, non l’abbiamo costruito per un pubblico preciso, penso possa piacere in modo abbastanza trasversale.

E dal punto di vista grafico?

SC: Ho una brutta abitudine, quello di fare un libro diverso dall’altro. Ho fatto molte prove a colori per Leda, bicromatico rosso/nero o addirittura colorato alla Tin Tin (per finirlo mi ci sarebbe voluta una vita). Alla fine, ho scelto il bianco e nero e sono soddisfatta, del resto il periodo storico è quello del carbone e dunque penso di aver restituito l’atmosfera della tecnologia di allora e delle stanze scarsamente illuminate, in contrasto con i più luminosi ambienti desertici. Ho ancora sul tavolo da lavoro tutte le boccette di inchiostro e le matite smozzicate, come un ‘memento mori’ che mi ricorda come, per fare un libro di 200 pagine in grande formato, sia necessario lavorare proprio tanto.

Si ispira a qualcuno in particolare?

SC: Diciamo che invito tutti i genitori a comprare ai loro figli adolescenti Hugo Pratt, a cominciare da Corto Maltese, José Munoz e Anna Brandoli. Io, a 14 anni, rimasi folgorata.

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