Mercoledì 24 Aprile 2024

Il neurochirurgo romanziere che sogna di collegare il cervello a Internet

Eric C. Leuthardt immagina uomini con l'hardware cerebrale. Già oggi, assicura, si potrebbero creare protesi che consentano a un uomo di accendere e spegnere le luci usando solo il pensiero

Le meraviglie della scienza: interfaccia cervello-computer

Le meraviglie della scienza: interfaccia cervello-computer

Milano, 12 dicembre 2017 - La fusione tra macchina e corpo umano ha eccitato le fantasie letterarie sin dagli albori della Rivoluzione Industriale, scenari fantascientifici che hanno trovato una consacrazione nell’immaginario collettivo attraverso la cinematografia. Il fascino del progresso che travolge e sbalza l’umanità verso lidi inediti, difficili anche solo da immaginare, si scontra con l’immancabile inquietudine che i cambiamenti radicali generano.  L’ambizione di collegare il cervello a un computer non è più mascherata, soprattutto da parte degli enfant prodige della Silicon Valley. Due nomi su tutti: Elon Musk, fondatore di Tesla e SpaceX, ha lanciato Neuralink, un'impresa che mira a creare dispositivi che facilitino le combinazioni mente-macchina. 

Mark Zuckerberg, re Mida di Facebook, ha espresso una volontà similare la scorsa primavera, quando ha rivelato che nella sua azienda ha schierato ben 60 ingegneri su un progetto legato alla creazione di interfacce che consentano di digitare usando solo la mente. Un vero e proprio flusso di coscienza che presuppone un rapporto diretto tra la volontà esclusivamente pensata e la macchina, capace di codificarla e praticarla senza intermediari. La bioingegneria a che punto si trova in questo scenario?

IL NEUROCHIRURGO ROMANZIERE - La rivista del Mit ha dedicato ampio spazio a un neurochirurgo 44enne, Eric C. Leuthardt, che opera presso la Washington University di St.Louis. Lo scienziato, oltre ai propri doveri accademici e clinici, si è dedicato con successo anche alla scrittura debuttando  con un thriller tecnico chiamato RedDevil Il 4. Nella sua opera letteraria l’uomo ha immaginato un mondo in cui quasi tutti gli esseri umani avessero scelto di impiantare direttamente l'hardware del computer nei loro cervelli, consentendo una connessione perfetta tra persone e computer, nonché una vasta gamma di esperienze sensoriali senza uscire di casa. 

Grazie alle loro "protesi corticali" i suoi personaggi fanno escursioni sull'Himalaya stando seduti sul divano, conferiscono telepaticamente con i colleghi, hanno un accesso immediato a tutta la conoscenza delle biblioteche del mondo con la stessa rapidità con cui una persona può formulare qualsiasi pensiero spontaneo. 

SPERIMENTAZIONI - Come mai uno stimato scienziato si dedica con tanto impegno a opere letterarie fantascientifiche? Perché Leuthardt sta lavorando accademicamente da anni per rendere accessibile concretamente questa prospettiva.  Specializzatosi nell'operare pazienti affetti da epilessia intrattabile, da circa 15 anni conduce su di essi meticolosi sperimentazioni e analisi dei loro segnali cerebrali per investigare la modalità con cui il cervello codifica i nostri pensieri e intenzioni e come questi segnali potrebbero essere usati per controllare i dispositivi esterni. La sua continua ricerca sul cervello ha permesso al neurochirurgo di cogliere tutti i limiti intrinseci di questo organo, ma anche dell’immenso potenziale che la tecnologia – se accuratamente coniugata a esso -  potrebbe aggiungere per superarli. "La razza umana farà ciò che ha sempre fatto. Si evolverà. Questa volta con l'aiuto di chip impiantati nelle nostre teste", ha dichiarato il medico spiegando i dati raccolti sui quali si fonda questa sua radicata certezza. 

UN PO' DI STORIA - Nei primi anni '80, un ingegnere di nome Apostolos Georgopoulos, a Johns Hopkins, aprì la strada all'attuale rivoluzione nelle interfacce cervello-computer. Georgopoulos identificò i neuroni nelle aree di elaborazione di livello superiore della corteccia motoria che si attivano prima di specifici tipi di movimento, come un colpo del polso a destra o una spinta verso il basso con il braccio.  Ciò che ha reso la scoperta di Georgopoulos così importante è stata la possibilità di registrare questi segnali e usarli per prevedere la direzione e l'intensità dei movimenti. Alcuni di questi schemi neuronali guidavano il comportamento di decine di neuroni di livello inferiore che lavoravano insieme per muovere i singoli muscoli e, in definitiva, un arto.  Utilizzando matrici di dozzine di elettrodi per tracciare questi segnali di alto livello, Georgopoulos ha dimostrato che poteva prevedere non solo in che modo una scimmia avrebbe mosso un joystick nello spazio tridimensionale, ma anche la velocità del movimento e come sarebbe cambiata nel tempo. 

ELETTRODI NEL CERVELLO - Muovendosi su questa scia Leuthardt ha impiantato degli elettrodi in pazienti affetti da epilessia prima di sottoporli a un intervento chirurgico, collocandoli sulla superficie della corteccia cerebrale, su strisce di plastica che hanno registrato i segnali provenienti da centinaia di migliaia di neuroni. Per installarli Leuthardt ha eseguito un'operazione iniziale in cui ha rimosso la parte superiore del cranio, tagliato la membrana più esterna del cervello, e collocato gli elettrodi direttamente sulla parte superiore del cervello. Infine ha collegato i fili che uscivano dalla testa del paziente a macchinari in grado di analizzare i segnali cerebrali. Fino ad allora quegli elettrodi erano stati usati con successo per identificare nel cervello l'origine esatta delle convulsioni intrattabili di un paziente epilettico. 

SFIDA INFORMATICA - Leuthardt ha reclutato Gerwin Schalk, un informatico del Wadsworth Center, un laboratorio di sanità pubblica del Dipartimento di salute dello Stato di New York. I progressi  sono stati importanti: nel giro di pochi anni di test, i pazienti avevano dimostrato la capacità di giocare a Space Invaders - spostando una navicella spaziale virtuale a destra e sinistra - semplicemente pensando.  Nel 2006 si registra un altro passo: Elmar Schmeisser, un program manager presso l'U.S. Army Research Office, avvicina Schalk alzando l’asticella della sfida. Schmeisser voleva scoprire se fosse possibile decodificare "linguaggio immaginario", parole non vocalizzate, ma semplicemente formulate in silenzio nella propria mente. 

LE PAROLE PENSATE - Leuthardt ha quindi reclutato 12 pazienti con epilessia costretti a letto, confinati nelle loro stanze e annoiati mentre aspettavano di avere attacchi, proponendo loro 36 parole che avevano una struttura semplice, ha chiesto ai pazienti di pronunciare le parole ad alta voce e poi semplicemente di immaginare di dirle - trasmettendo visivamente le istruzioni - scritte sullo schermo di un computer - senza audio. Quindi ha spedito i dati a Schalk per l'analisi attraverso la quale è emerso che quando i soggetti di Leuthardt vocalizzavano una parola, i dati indicavano attività nelle aree della corteccia motoria associate ai muscoli che producono la parola e, sorprendentemente, notarono schemi simili (anche se leggermente differenti) anche quando i soggetti si limitavano a immaginare silenziosamente le parole.

La frequenza con la quale attualmente il sistema ideato da Schalk indovina correttamente la parola pensata e non verbalizzata da una soggetto, limitandosi all’osservazione delle aree cerebrali che si attivano, si attesta intorno al 45% delle volte. Con rigore scientifico Leuthardt puntualizza quanto si stia ancora tentando di sistematizzare e dare un senso a queste importanti scoperte, conscio dei limiti della attuali tecnologie. 

DALLA MENTE ALL'AZIONE - Al momento il neurochirurgo si limita a dire che con un finanziamento sufficiente si potrebbe già creare un impianto protesico che consentirebbe a un uomo di fare cose come accendere e spegnere le luci usando solo i loro pensieri. Potrebbero persino provare sensazioni tattili indotte artificialmente e accedere a qualche mezzo rudimentale per trasformare il linguaggio immaginato in testo. 

LE PROSPETTIVE FUTURE - Leuthardt ammette quindi che al momento non abbiamo ancora il potere di registrare e stimolare il numero di neuroni necessari per replicare le visioni celebrali, ma le sue ricerche stanno riscuotendo interesse presso alcuni investitori della Silicon Valley. Schalk sostiene che sia ovvio che nei prossimi 5-10 anni verrà utilizzata una qualche forma di interfaccia cervello-computer capace di riabilitare vittime di ictus, lesioni del midollo spinale, dolore cronico e altri disturbi. 

Ma, perché si possa raggiungere il vero potenziale a lungo termine, crede sarà necessario un nuovo tipo di tecnologia capace di scansionare il cervello leggendo molti più neuroni contemporaneamente: "Non sappiamo davvero come farlo a questo punto. Ma è anche ovvio per me che succederà. E se e quando ciò accadrà, le nostre vite cambieranno in un modo completamente nuovo".

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