Giovedì 18 Aprile 2024

Caffè, la ragione per cui ne beviamo tanto è scritta nel Dna

Uno studio dell'Università di Edimburgo rivela che nel nostro bagaglio genetico si nasconde un gene che influenza il bisogno quotidiano di caffeina

Foto: Una, due o tre tazze? Dipende dal tuo DNA (Foto: Maciej Bledowski/Alamy/Olycom)

Foto: Una, due o tre tazze? Dipende dal tuo DNA (Foto: Maciej Bledowski/Alamy/Olycom)

Ci sono persone a cui basta una tazza di caffè di prima mattina e chi presidia la macchinetta durante l'orario di lavoro perché non ne ha mai abbastanza. Ora gli scienziati dell'Università di Edimburgo hanno scoperto il motivo: è tutto scritto nel DNA e in particolare in un gene chiamato PDSS2, che è in grado di influenzare la nostra "sete" di caffeina.
 
La ricerca ha coinvolto circa 2700 persone, di cui 1000 in Italia e 1700 in Olanda. Il protocollo sperimentale ha previsto uno screening per esaminare il corredo genetico di ciascun individuo e un test con domande scritte per verificare in numero di tazze di caffè bevute quotidianamente.
 
I ricercatori hanno rilevato che i portatori di una variabile del gene PDSS2 tendono a bere meno caffè. L'ipotesi è che la mutazione comporti un processo di metabolizzazione della caffeina molto più lento, che nel complesso spinge a consumare meno bevanda nera. Come spiega il genetista italiano Nicola Pirastu, che ha coordinato il team di Edimburgo, questi soggetti hanno bisogno di bere dosi inferiori di caffè perché "beneficiano più a lungo degli effetti positivi della caffeina, come ad esempio sentirsi svegli e meno stanchi".
 
I risvolti dello studio sono tuttavia ancora più ampi. Sul Telegraph, Pirastu ha infatti sottolineato che il lavoro della sua squadra rafforza l'idea che la genetica giochi un ruolo chiave nelle nostre abitudini quotidiane. Capire quali segreti si celino nel DNA è quindi un passo necessario per riuscire a intervenire sulle abitudini poco salutari per il nostro organismo (si pensi ad esempio all'abuso di alcol).
I dettagli della ricerca sono consultabili su Scientific Reports.
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