Romaine Brooks, d'Annunzio e il ritratto segreto: un triangolo non solo artistico

Ritrovato al Vittoriale il dipinto perduto donato al Vate dall’affascinante pittrice americana

 Romaine Brooks, l'“Autoritratto” del 1923

Romaine Brooks, l'“Autoritratto” del 1923

Gardone (Brescia), 4 settembre 2016 - Corpo femmineo lui, nonostante l’insaziabile voracità sessuale che l’ha portato a collezionare un numero leggendario di avventure. Androgina lei, avvezza a vestirsi da maschietto e ad amare le donne. Coppia perfetta, fisicamente e intellettualmente, tanto che nel loro carteggio, scritto prevalentemente in francese e conservato al Vittoriale, Gabriele d’Annunzio e Romaine Brooks non risparmiano battute e riferimenti piccanti. Ed è proprio in una conversazione fra i due, conosciutisi a Firenze nel 1909, che la pittrice americana da lui ribattezzata “Cinerina” per l’infanzia infelice e per i toni grigi della sua scala cromatica, fa riferimento al ritratto di “una ragazza”, copia di un dipinto conservato agli Uffizi, di cui gli fece dono.

Nessuno lo aveva mai visto, ma ora quel dipinto è stato identificato e attribuito correttamente: si trova nella sala da Musica della Casa Museo: «È la copia del “Ritratto di giovane” (Ritratto Bracceschi, 1495) del Perugino esposto agli Uffizi, dipinta dalla Brooks quand’era studentessa», spiega Giovanni Rapazzini, studioso di Letteratura moderna all’Università Ca’ Foscari di Venezia, incaricato nel giugno scorso da LegionGroup Arts – fondazione creata negli States da Suzanne Stroh per recuperare, censire e far conoscere le opere della Brooks – di passare al setaccio tutta la corrispondenza tra i due, in cerca di indizi.    Di questa opera si era persa ogni traccia, fino al ritrovamento dell’unica intervista rilasciata a Nizza da Romaine Brooks qualche anno prima di morire, nella quale l’esponente dell’Avanguardia artistica racconta del dono che ne fece a Gabriele, suo amante, fonte di ispirazione e poi amico per la vita. «Nel 2014, poco prima di pubblicare la biografa, Cassandra Langer è entrata in possesso dell’intervista orale inedita custodita negli archivi dell’Istituto Smithsonian di Washington (l’American Art Museum le dedica una mostra aperta fino al 2 ottobre), in cui la pittrice parla dell’opera e ricorda di averla donata al Vate – spiega Giovanni Rapazzini – Ma nel copioso carteggio del Vittoriale, l’ultima dimora del Vate, non ce n’era traccia. Mi ricordai una precedente ricerca da cui avevo appreso che il soggetto del dipinto era stato suggerito alla pittrice da un suo insegnante. Lui le disse: “Copia il ritratto di quella giovane ragazza agli Uffizi che ti assomiglia”. Così ho iniziato a controllare tutte le immagini dei capolavori rinascimentali esposti nella galleria fiorentina, imbattendomi nel volto del “Giovane Fanciullo”, davvero molto somigliante a quello Romaine Brooks in gioventù».   «La coppia amava scambiarsi battute e questo dono è uno degli esempi più arguti del loro elasticissimo rapporto», interviene Suzanne Stroh, direttrice della Fondazione americana LegionGroup Arts che, oltre a finanziare la ricerca, nel 2017 metterà in scena una pièce teatrale ispirata alla scrittrice Natalie Barney e un lungometraggio sulla vita della Brooks. «Romaine stava punzecchiando il poeta e ne sfidava la vanità – ipotizza la curatrice d’arte e scrittrice –; nella copia del ritratto a quel giovinetto del Perugino, lei rappresenta se stessa. Una ragazza “en travesti”. Era il suo modo di dire al suo Gabriele, il don Giovanni d’Italia, “non si sa mai dove andrai a parare con le donne”. Che a lei piacevano quanto a lui!»

Non a caso la pittrice aveva ritratto l’amico e amante come un grottesco satiro, per vendicarsi della seduzione di d’Annunzio nei confronti della star dei Balletti Russi Ida Rubinstein (passione che condividevano) nell’“Arciere mascherato”, in cui la Rubinstein è rappresentata come San Sebastiano, riferendosi al ruolo che aveva nell’opera “Il martirio di San Sebastiano”, scritta dal Vate appositamente per lei. «Nota per l’esibito lesbismo, oltre che per la sua arte, capelli corti, fare mascolino e una bizzarria che si estendeva oltre le preferenze sessuali, rendevano Romaine una preda ambita per Gabriele - sorride Giordano Bruno Guerri, presidente della Fondazione del Vittoriale annunciando il restauro del dipinto - . Tanto che la ricca americana era anche capace di prenderlo in giro». Il dono di quel ritratto in forma maschile, altro non è che il gioco fra due complessi amanti. 

è arrivato su WhatsApp

Per ricevere le notizie selezionate dalla redazione in modo semplice e sicuro