Venerdì 19 Aprile 2024

Blade Runner 2049, il regista: "Il futuro è un disastro. Ecco come l'ho immaginato"

Denis Villeneuve dirige il sequel del film cult: "Mondo freddo e malinconico"

Ryan Gosling in una scena del nuovo film Blade Runner 2049

Ryan Gosling in una scena del nuovo film Blade Runner 2049

Roma, 20 settembre 2017 - Storie di umani e replicanti, in una Los Angeles del futuro: il 2019 in "Blade Runner", il capolavoro di Ridley Scott del 1982; trent’anni dopo in "Blade Runner 2049", il sequel firmato da Denis Villeneuve, il regista canadese di “Arrival”. Impresa ardita quella di fare un seguito di un film entrato nella storia del cinema, diventato un vero cult. Ma per quel poco che si è potuto vedere finora, anche questa nuova pellicola sembra avere le qualità per conquistare il pubblico. Fino alla data di uscita, il 5 ottobre, massima segretezza però per evitare che vengano diffuse immagini o anche solo dettagli della trama: per la stampa invitata ieri all’incontro con Villeneuve, presente anche l’attrice Sylvia Hoeks, solo venti minuti di brevi sequenze.

Villeneuve, una bella sfida fare il seguito di un capolavoro?

«E difatti non ho accettato a cuor leggero. Ho impiegato mesi prima di dire di sì. Volevo essere sicuro di fare qualcosa che fosse accettato dai tanti fan, rispettoso dell’originale ma anche diverso. Ho accettato solo per l’amore che ho per il cinema e non mi aspetto altro. Per me il cinema è arte, e non c’è arte senza rischio. Non so come verrà accolto dal pubblico, ma comunque io penso che sia il mio film migliore».

Aveva amato il film di Ridley Scott?

«Avevo 15 anni quando l’ho visto e ha avuto un tale impatto su di me, che è stato da quel momento che ho iniziato ad amare il cinema e a nutrire il desiderio di diventare regista. Ed è stato fondamentale per me, prima di iniziare questo film, avere la benedizione di Ridley Scott, che è presente qui come produttore esecutivo».

Quali gli elementi in comune tra i due film?

«Entrambi prendono spunto dal romanzo di Philip K. Dick “Il cacciatore di androidi”. Ho pensato che le atmosfere avrebbero dovuto essere analoghe, cupe, malinconiche, con molto fumo e pioggia ma anche con sentimenti profondi. Da un punto di vista visivo, il primo Blade Runner aveva una visione del futuro bella, potente, però anche da incubo e il nuovo film, in realtà, mostra come le cose non siano andate per il verso giusto. Nel mio film, ai momenti bui se ne alternano altri con luci più argentee. Un richiamo all’inverno, alle luci del nord, nevoso, perché nel 2049 la situazione ambientale sarà ancora peggiore, con l’acqua dell’oceano che si sarà alzata, costringendo a costruire un muro a difesa della città di Los Angeles. Si immagina anche che un black out abbia cancellato tutta la memoria digitale, riportando il mondo all’analogico. Questo mi ha permesso di descrivere una società senza social, dove tutti oggi si specchiano come scimmie, e ricreare un rapporto più diretto tra uomo e natura. Volevo che i miei eroi mettessero le mani nel fango».

Un film di fantascienza (girato interamente in Ungheria) ma dove gli effetti speciali sono ridotti all’essenziale?

«Esattamente. Non sopporto il verde e non mi piacciono le scene girate con il green screen, con gli attori che si devono muovere nel nulla. Preferisco i set reali e sono molto grato alla produzione che mi ha messo a disposizione un budget tale da poter costruire tutti i set. Molto meglio anche per gli attori che così si sono potuti concentrare sul loro lavoro. È stato un po’ come tornare al cinema delle origini, con luoghi veri, veicoli veri».

Come è avvenuta la scelta di Ryan Gosling, anche lui canadese, come protagonista?

«In effetti il film si è sviluppato sotto le ali protettrici di due canadesi, me e Ryan. Ridley Scott ha subito pensato a lui per il personaggio di K, un agente di polizia di Los Angeles, sulle tracce di Rick Deckard, il ruolo interpretato da Harrison Ford nel primo film e anche in questo. Non ho avuto difficoltà a convincere Gosling. Volevo assolutamente lui perché è un vero artista, un grande attore e avevo bisogno di un interprete di questo livello, visto che è praticamente presente in ogni singola inquadratura. Ma ho scelto una ad una anche tutte le comparse perché in un film come questo, che è come un film d’epoca, non tutte le facce sono giuste».

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