Mercoledì 24 Aprile 2024

Baustelle, l’elogio delle canzonette. "Musica leggera, ci vuole coraggio"

"Nel nuovo cd guardiamo al pop anni ’70, melodico e rivoluzionario"

I Baustelle (Ansa)

I Baustelle (Ansa)

Milano, 13 gennaio 2017 - E' TORNATA la moda del lento. Tra i solchi del nuovo album "L’amore e la violenza", nei negozi da oggi, i Baustelle proseguono quel percorso di archeologia sonora che nel 2003 aveva spinto i suoni del loro secondo album tra le braccia degli anni Ottanta provando a risalire, se possibile, ancor più indietro nel tempo. E provoca un tuffo al cuore riascoltare in uno dei nuovi pezzi, "Basso e batteria", un campionamento di quel klavinet che nel ’76 ha scandito l’epopea della "Sandokan" di Guido e Maurizio de Angelis, alias Oliver Onions. Anzi, "i Beatles italiani" come li definisce Francesco Bianconi, voce e chitarra della band toscana, raccontando quanto l’idea di fare un disco divertente e leggero, dopo le cupe introspezioni del predecessore "Fantasmi", abbia spinto i Baustelle verso "quei Settanta caratterizzati da assai poca pigrizia melodica, come dice Morgan". "Senza essere retrò, ci siamo rifatti a un periodo aureo della musica leggera in cui le canzonette riuscivano a essere, a loro modo, perfino rischiose e sperimentali".

Proprio in quei suoni e in quegli umori lontani i Baustelle hanno cercato la chiave musicale per parlare di Turchia, di Brexit, del caso Moro, di Amanda Lear e ancora d’"interventisti, jihadisti e scambisti, epicurei, etero, gay, giovani rapper, occultisti e dj".

Francesco, "Il vangelo di Giovanni" sembra una citazione di "Bandiera Bianca" "Come dimostra anche la nostra produzione passata, l’amore per Battiato è nel dna dei Baustelle. E da bambino "La voce del padrone" ha rappresentato per me un ascolto totalizzante al punto da ritenere quella l’unica forma di musica possibile"

Simili pure nello sguardo sul mondo se è vero che lei canta "non ho più voglia di ascoltare questa musica leggera", mentre Battiato parlava di "immondizie musicali" "Forse ad accomunarci è una visione delle cose un po’ snob; da intendere ovviamete nell’accezione più nobile del termine, ovvero il non accontentarsi di quello che c’è, ma aspirare a un mondo migliore. Il riferimento alla musica leggera può essere inteso in maniera più o meno letterale; un modo liberatorio per dire che non ho voglia di perdere tempo dietro cose che non danno nulla, perché nella vita ce ne sono altre ben più importanti a cui pensare".

Cosa non sopporta della musica di questi anni?  "La prevedibilità, il fatto di non sorprendere mai. Senza "ganci" melodici o armonici a cui attaccarsi. C’è molto appiattimento, non so quanto legato a una scelta precisa dei compositori odierni o alle richieste dei media e della discografia"

Un pezzo s’intitola "Eurofestival". Ma nel disco c’è pure "Musica sinfonica", che sembra proprio una canzoncina da Eurovision Song Contest del passato "Nei miei ricordi di ragazzino l’Eurovision è sempre stato legato a un concetto di trash, la grande importanza di una manifestazione che rimesta nello stesso calderone, in maniera a volte grottesca e un po’ volgare, suoni e culture diverse. Mi è sembrata una buona metafora per questo nostro mondo globalizzato, in cui la violenza, l’idiozia e la velocità con cui le cose cambiano assume a volte connotati trash. Trump, ad esempio, è molto Eurovision. E con quella capigliatura potrebbe addirittura presentarlo"

Ha scritto con Kaballà "Le canzoni fanno male" per Marianne Mirage che la presenta all’Ariston. Nella sua visione del mondo è "Eurovision" pure Sanremo? "Le due manifestazioni hanno caratteristiche comuni. Noi non abbiamo mai pensato al Festival e quando ci è stato proposto abbiamo sempre declinato l’offerta nella convinzione che si possa fare musica a prescindere da Sanremo. O dai talent show".

David Foster Wallace, che citate in "Basso e batteria", fu definito "l’ Émile Zola del post-millennio". E voi chi vorreste essere? "Gli Oliver Onions del Duemila". 

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