Mafia Capitale, il tribunale del Riesame: "Carminati in affari con la 'ndrangheta"

Le motivazioni del "no" alla scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, ritenuti l'anello di collegamento tra la 'ndrangheta calabrese e Mafia Capitale

Mafia Capitale: Salvatore Buzzi incontra Salvatore Ruggiero e Rocco Rotolo (Ansa)

Mafia Capitale: Salvatore Buzzi incontra Salvatore Ruggiero e Rocco Rotolo (Ansa)

Roma, 9 gennaio 2015 - "Il clan di Massimo Carminati è da anni in affari con il clan 'ndranghetista dei Mancuso di Limbadi". Lo scrivono i giudici del Riesame nelle motivazioni con cui hanno respinto le istanze di scarcerazione di Rocco Rotolo e Salvatore Ruggiero, ritenuti dalla Procura l'anello di collegamento tra la 'ndrangheta calabrese e Mafia Capitale.

Nel provvedimento, di oltre 40 pagine, il collegio giudicante, presieduto da Bruno Azzolini, ricostruisce la storia criminale dei due calabresi (originari di Gioia Tauro). Secondo i magistrati, l'ex Nar Massimo Carminati con Salvatore Buzzi aveva costituito la coop Santo Stefano, onlus destinata a gestire l'appalto per la pulizia del mercato Esquilino. "La nascita della cooperativa - si legge - avrebbe costituito la conferma del rapporto tra l'associazione mafiosa romana e il clan Mancuso che aveva già portato a proficui affari in Calabria". 

Rotolo e Ruggiero "sarebbero stati di fatto accreditati su richiesta di Buzzi presso la famiglia Mancuso che come proprio referente per le attività a Roma aveva indicato l'imprenditore Giovanni Campenni". Per i giudici del Riesame i due "sono soggetti pericolosi per la collettività e da sempre gravitanti nell'ambito di organizzazioni criminali organizzate". Parlando di Ruggiero, in particolare, il tribunale scrive che "sin dagli anni '90 aveva frequentazioni con elementi di spicco della 'ndrangheta calabrese e in particolare con Girolamo Mole detto U Gangiu", mentre Rotolo "risulta collegato, e non solo per ragioni di parentela, con il clan Piromalli di Gioia Tauro". Per il riesame, "entrambi gli indagati trasferitisi a Roma non hanno evidentemente perduto i contatti con la criminalità organizzata calabrese tanto da avere accettato l'incarico da parte di Buzzi di prendere contatto con la cosca Mancuso di Limbadi". Per i magistrati romani, i due "avevano a disposizione anche armi".