Martedì 23 Aprile 2024

Loreto, miracolo nella Santa Casa. "Così sono tornata a camminare"

Il viaggio a Loreto nel 1960 di Cecilia Zappa, paralizzata. «La Madonna mi ha salvato»

I pellegrini Unitalsi del 1960. Con la freccia è indicata la signora Cecilia Zeppa

I pellegrini Unitalsi del 1960. Con la freccia è indicata la signora Cecilia Zeppa

Matelica (Macerata), 6 giugno 2016 - «Un prodigio utile a convertire un uomo che non credeva e che viveva nell’errore». Cecilia Zeppa, nel giugno del 1960, era ormai paralizzata. Una nevralgia del trigemino destro, devastante, sempre più invasiva, l’aveva quasi ridotta a un vegetale. Aveva appena 34 anni e i medici non le avevano dato scampo. Le era rimasta la fede. Chiese all’Unitalsi di accompagnarla alla basilica della Santa Casa di Loreto. «Sono stata guarita dalla Madonna» racconta oggi a 90 anni.

La sorprendente guarigione dell’anziana, originaria di Matelica nel Maceratese, mamma di tre figli e vedova da qualche anno, avvenne il 18 giugno. E fa gridare ora al miracolo. All’epoca suscitò grande interesse, ma solo oggi avrà la possibilità di essere studiata dai medici dell’osservatorio Paleani. Il caso, infatti, rientra tra quelli presi in esame perché si presenta correlato da ampia documentazione medica. L’osservatorio, istituito nel 2012 su volere dell’arcivescovo delegato pontificio monsignor Giovanni Tonucci, è un centro analogo al bureau medical di Lourdes che, scrupolosamente, certifica come inspiegabili le guarigioni che non hanno trovato risposta nella medicina.

ZEPPA, ieri, assieme ai parenti, è tornata a Loreto, ripresa anche dalle telecamere della trasmissione di Rete 4 ‘I viaggi del cuore’. «La mia guarigione – ribadisce la donna – è avvenuta a tramite la conversione di un peccatore. Sono stata guarita dalla Madonna per merito del pentimento di un ferroviere il quale, durante il viaggio in treno, mi aveva espresso parole di scetticismo. Quando arrivammo a Loreto, però, decise di confessarsi, proprio mentre ero lì vicino a lui».

LE CARTE mediche dell’epoca raccontano di un penoso epilogo nell’inverno 1959, quando il primario dell’ospedale di Matelica, Aser Sestili, decise di far trasferire la paziente all’ospedale di Camerino, dove pure «le riacutizzazioni del dolore furono di una violenza mai esistita in precedenza» e nemmeno la morfina pura aveva più effetto calmante. Ricoverata nel febbraio 1960 all’ospedale di Macerata, il primario chirurgo Benigno Baroni riscontrò che il «male è ribelle a ogni cura», nonostante alcune iniezioni intranervose a base di alcol». Dimessa dopo 15 giorni, la donna continuò a sopportare atroci dolori che di fatto la immobilizzavano.

L’ULTIMO desiderio fu partecipare al viaggio a Loreto con l’Unitalsi. «Sul treno bianco – racconta Zeppa – c’era quel ferroviere non certamente fervente nella fede, che viveva nell’errore, e che casualmente prese la decisione di prendere le pretelle da barelliere e servire con l’Unitalsi: casualmente gli capitai io. Quando giunsi nel santuario, ormai ero in fin di vita, non muovevo più né mani, né piedi. Fu allora che sentii dei crampi nella testa, come delle scosse elettriche e in quel momento sono guarita. Mi sono sentita bene e avrei voluto, gioire, gridare, ma ero basita – prosegue –. Fu in quel momento che mi passò davanti il ferroviere miscredente che mi chiamò e mi disse di aver visto il prodigio della Vergine, di essere corso da un frate a confessare tutti i suoi peccati e di essere tornato per dirle di annunciare a tutti quanto accaduto. Ecco, io sono guarita grazie al pentimento di quell’uomo».