Mercoledì 24 Aprile 2024

In nome di Re Leone

Cecil e poi un altro leone. In pochi giorni le notizie degli animali uccisi in Zimbabwe hanno fatto il giro del mondo portando a galla quello che, evidentemente, è un trend quotidiano sconosciuto. "Basta pagare". Come ha fatto il dentista del Minnesota che dagli Usa è volato in Africa per andarsi a procurare il trofeo più ambito: Re Leone. E che poi avrebbe voluto anche altro, un elefante gigantesco con enormi zanne. Non l'ha trovato e solo per questo non è riuscito ad uccidere di nuovo. Il dentista ha sborsato 55.000 dollari per togliersi lo sfizio e tornare a casa con la testa e la criniera di Cecil da esibire sui social e appendere sulla parete di casa. Un'impresa orribile che ha fatto indignare il mondo che pure di motivi di raccapriccio ne conosce moltissimi. Un'impresa che ha reso l'intera umanità più povera. Perché leoni, tigri, elefanti, rinoceronti e via dicendo non sono proprietà di quelli che hanno il conto in banca imbottito di dollari, di euro o di altre monete. Sono un tesoro dell'umanità come l'acqua, l'aria, il mare.

Se la morte di Cecil potrà mai rivelare un significato che vada oltre la furia omicida di un uomo malato, questo è in quei minuscoli passi che lo Zimbabwe sta compiendo. Restrizioni alla caccia grossa, maggiori controlli. La storia di Re Leone, attirato vigliaccamente in un tranello fuori dal Parco protetto, allora potrà portare qualcosa di buono e sarà proprio in questa indignazione che ha generato riflessione anche nel Paese africano. E, dalla riflessione, si spera che arrivi anche un definitivo, unilaterale, enorme e granitico "no" alla caccia. Un divieto totale che consideri, finalmente, il futuro come un cammino da indirizzare valorizzando le risorse che la Natura offre al Paese e che non sono inesauribili. Un "no" che significhi basta al baratto della vita per un pugno di dollari. Anche se si tratta della vita di un animale.