Le vite degli altri fuori dai fascicoli. Ma la nuova legge procede a fatica

Renzi ci prova: più privacy entro l’anno. "Emendamenti in maggio"

Intercettazioni (immagine d'archivio)

Intercettazioni (immagine d'archivio)

Roma, 3 aprile 2015 - È UNA GIOSTRA. Quella delle ‘vite degli altri’. Prima o poi tutti, a destra come a sinistra, ci fanno un giro: la pubblica gogna delle intercettazioni ‘sbobinate’ sui giornali non risparmia nessuno. Ultimi nell’ordine, Massimo D’Alema e Maurizio Lupi, entrambi non indagati. Dell’ex leader Ds si è saputo, nell’ambito dell’inchiesta sulle mazzette di Ischia, che la cooperativa Cpl Concordia ha comprato duemila bottiglie di vino dalla cantina griffata D’Alema; dell’ex ministro si è saputo che parlò con il dirigente Ercole Incalza (lui sì indagato nell’inchiesta Grandi Opere) di un lavoro per il figlio. Anche Matteo Renzi è finito invischiato nella rete di Henry John Woodcock: intercettato mentre parla con un generale della Finanza sempre durante l’indagine partenopea. Il premier non è indagato e il fascicolo è stato già stralciato, ma da quelle carte è venuto fuori che il cellulare era pagato dalla Fondazione Big Bang.

COME ha sottolineato anche il numero uno dell’Anticorruzione, Raffaele Cantone, i giornalisti hanno fatto il loro mestiere: si trattava di intercettazioni pubbliche. La registrazione di una telefonata, infatti, disposta dal pm su autorizzazione del gip, una volta eseguita viene trascritta e depositata presso la segreteria del pm, a disposizione delle parti e dei difensori. Da questo momento cessa di essere coperta da segreto (sempre che gli atti non vengano secretati) e il contenuto può finire nelle mani del cronista. A questo punto il nodo diventa deontologico: cosa è lecito considerare notizia, cosa è di interesse pubblico. E, naturalmente c’è il diritto alla privacy, soprattutto se si tratta di soggetti estranei alle indagini. Gli interessati, quando la documentazione non è necessaria per il procedimento, possono chiederne la distruzione a tutela della riservatezza, ma spesso è troppo tardi per scongiurare la divulgazione.

È PIÙ o meno da un decennio che la politica tenta il giro di vite sulle intercettazioni. Dai tempi dell’ultimo governo Prodi, quando la riforma del guardasigilli Mastella (2007) non vide la luce dopo l’ok a larga maggioranza alla Camera, fino ai tempi dell’ultimo governo Berlusconi, che stracciò il compromesso faticosamente raggiunto nel centrodestra dal ministro Alfano (ddl 2007, noto alle cronache come legge bavaglio). Ci riprovò il governo dei tecnici con la Severino, ma ancora una volta nulla di fatto.

Il tema, tornato alla ribalta con le ultime vicende, è fermo da mesi in commissione alla Camera, dove è parcheggiato il ddl del governo sul processo penale, approvato dal cdm il 30 agosto. Ora anche Garante privacy, Antonello Soro, invoca un riequilibrio nei rapporti tra esigenze investigative, informazione e riservatezza: «Stop alla pesca a strascico nelle vite degli altri».

IL PREMIER ha già messo un paletto: riforma delle intercettazioni entro l’anno. Ma non ci sarà un binario accelerato e, quindi, niente decreto, le norme rientreranno nel disegno di legge sul processo penale. Nel testo allo studio a palazzo Chigi ci sono tre linee guida: nelle ordinanze cautelari andranno solo le intercettazioni penalmente rilevanti, sintesi e non registrazione integrale nei verbali, udienza filtro (alla presenza degli avvocati) nella quale il giudice decide quali intercettazioni sono irrilevanti e, quindi, da distruggere. Il governo non pare intenzionato a far rientrare nel pacchetto la ‘proposta Gratteri’ di prevedere il reato di pubblicazione arbitraria di intercettazioni. «L’intento – spiega David Ermini, responsabile giustizia Pd – è quello di non toccare le intercettazioni come strumento ma di lavorare sulla prevenzione per evitare che quelle non rilevanti finiscano nel fascicolo del dibattimento e poi sulla stampa». E avverte: «Non possiamo più tollerare che persone che non hanno nulla a che fare col processo siano sbattute sui giornali o che vengano utilizzati gli atti processuali per fare delle battaglie politiche». Quindi, avanti tutta: «Contiamo di avere gli emendamenti a maggio».