Le ambizioni di Boeri

CHE IL RUOLO di presidente dell’Inps gli vada stretto, è noto fin dal suo insediamento al vertice dell’Istituto di Via Ciro il Grande. Non sorprende, dunque, che, dopo qualche settimana di silenzio, Tito Boeri torni a duellare con il governo. E se per mesi ha vestito i panni del Ministro del Lavoro «ombra», questa volta ha scelto come antagonista il ministro dell’Economia. Terreno dello scontro la cosiddetta flessibilità in uscita, ovvero la possibilità di permettere ai lavoratori «anziani» di conquistare la pensione con qualche anno di anticipo rispetto all’età pensionabile pagando, però, un prezzo in termini di importo dell’assegno. La soluzione, rilanciata a maggio scorso dallo stesso Presidente del Consiglio con l’apologo della «nonna e del nipotino», non ha trovato attuazione nella legge di Stabilità perché l’Europa non avrebbe accettato un allentamento dei requisiti della riforma Fornero se non a fronte di un’adeguata copertura finanziaria.

IN REALTÀ , l’esecutivo Renzi, l’autunno scorso, scambiò di fatto la flessibilità previdenziale con quella promessa sul deficit, rinunciando alla prima per tentare di ottenere la seconda. Da qui il rinvio della partita al 2016. Ora che l’anno nuovo è arrivato, però, il contesto non è cambiato. E, anzi, se possibile è peggiorato: vedi alla voce Pil. Non è un caso che il premier, pur così combattivo con Bruxelles, e il numero uno di Via XX Settembre si siano ben guardati dal riaprire il dossier. Diciamo le cose come stanno: con tutti gli sconti chiesti e da richiedere alla Commissione nel rapporto deficit/Pil, ci manca solo la rivendicazione della flessibilità in uscita. 

MA DOVE non arrivano Matteo Renzi e Pier Carlo Padoan, non esita a spingersi Boeri. «La flessibilità in uscita? Certo che si può fare – incalza – Basta chiedere la modifica del Patto di Stabilità europeo». Uno scherzo da niente. Ora, delle due l’una. O il presidente dell’Inps è talmente «politicamente coperto» da potersi permettere qualsiasi uscita, come di fatto è finora accaduto. A dispetto di governo e Parlamento. Ma anche dello stesso ruolo istituzionale ricoperto. Oppure, punta a costruirsi dalla poltrona di numero uno dell’Inps un’immagine «politica» che può tornare utile ad altri fini. Sarà una coincidenza o anche solo un’illazione, ma proprio qualche giorno fa ‘Il Foglio’ lo identificava come il candidato di Prodi, Letta e D’Alema alla successione di Renzi nell’ipotesi di un ennesimo governo tecnico.