Venerdì 19 Aprile 2024

La vittoria di Francesco

di Nina Fabrizio

DUE LETTERE indirizzate al presidente della Repubblica di Cuba, Raul Castro e al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama. Quindi, ancor più cruciale, l’offerta di fare lui stesso da ‘garante’. La svolta storica tra Stati Uniti e Cuba è un successo della mediazione di papa Francesco.

DUE LETTERE personali indirizzate una al presidente della Repubblica di Cuba, Raul Castro, l’altra al presidente degli Stati Uniti, Barack Obama per incoraggiarli sulla strada della risoluzione delle «questioni umanitarie». La disponibilità, come avvenuto, l’ultima volta a ottobre, a ospitare le delegazioni dei due Paesi impegnate nel negoziato direttamente in Vaticano. Quindi, ancor più cruciale, l’offerta di fare lui stesso da ‘garante’ nelle trattative che hanno portato al rilascio del contractor americano Alan Gross e di tre detenuti cubani, epilogo di un negoziato che arriva dopo oltre cinquant’anni a sciogliere una delle tensioni internazionali più pesanti che gravavano fino a ieri sullo scenario globale.  La svolta storica nei rapporti tra Stati Uniti e Cuba è un successo anche della mediazione personale di papa Francesco, che ha impegnato se stesso e la sua diplomazia in un dialogo delicatissimo, incagliato nelle secche delle reciproche ostilità fin dai tempi della rivoluzione castrista del 1959 cui seguì anche la crisi dei missili del 1962 quando il mondo si ritrovò sull’orlo di una terza guerra mondiale. Allora Giovanni XXIII, in piena Guerra Fredda, si appellò a «tutti gli uomini di buona volontà», invocando la pace in un intervento giudicato da molti determinante per la positiva risoluzione della crisi. E avviato il disgelo degli stessi rapporti tra Santa Sede e Cuba, sono stati prima Giovanni Paolo II e poi Benedetto XVI, raccogliendo la voce dei vescovi cubani, a chiedere in più circostanze, ma soprattutto nel corso dei loro storici viaggi sull’isola, Wojtyla nel ’98 e Ratzinger nel 2012, la fine dell’embargo per rompere il giogo dell’isolamento. COSÌ, il lavoro svolto in questi 18 mesi dalla diplomazia vaticana nella discrezione più assoluta e sotto la guida costante del latinoamericano Bergoglio ha potuto contare su lungimiranti premesse. Ma certo, dall’impronta decisiva con cui ha segnato la svolta di ieri, è emerso con forza tutto il peso dell’influenza ormai acquisita da Francesco, un leader sempre più globale, capace di incidere, sulla leva delle sue intuizioni personali, nelle pieghe aperte della storia, anche laddove le crisi si sono trascinate per decenni apparentemente senza sbocchi.

di Nina Fabrizio