PIER FRANCESCO DE ROBERTIS
ACCANTO al dato dell'astensione che è clamoroso e di certo non è spiegabile solo con il <rifiuto della politica> ma anche e soprattutto come un segnale di sfiducia al premier e alle sue politiche, le elezioni di ieri, in particolare quelle dell'Emila Romagna, segnano un punto di svolta fondamentale nella vita politica italiana. Stiamo parlando dell'affermazione della Lega. Che non è più la "Lega Nord"> di bossiana memoria, quella della "Roma ladrona", della "Padania nazione", ma è quella "nazionale" e lepenista pensata, e forse ancora prima intuita, da Matteo Salvini.
IL NUOVO corso leghista, che punta a un voto e a una affermazione anche fuori dai confini classici (sia geografici sia politico-culturali) che erano del partito di Bossi, alla sua prima uscita ha fatto centro. Certo, alcuni degli argomenti usati sono un po' grossier, ma la presa sull'elettorato è sicura. Anche perché, a guardarci bene, alcuni temi un qualche fondo di verità se lo portano dietro. La battaglia contro gli immigrati in generale appare di rertroguardia, ma quella contro certe enclave di extracomunitarti che non intendono integrarsi e rispettare le leggi ha un suo perché, la guerra all'euro non sarà molto polical correct, ma certo di fronte a una Ue che sopporta al suo interno i paradisi fiscali e poi ci fa la morale su tutto, una (ovvia, e giustificata) presa la mostra.
IL SUCCESSO di Salvini rischia però di essere devastante per il centrodestra. I primi a preoccuparsene dovranno essere i dirigenti di Forza Italia, che non potranno accettare di restare al seguito di un alleato così forte e nello stesso tempo così ingombrante, e però non avranno la forza per superarlo alle urne. Aver accettato un candidato leghista in Emilia è stato, per loro, un errore tremendo. E pensare che proprio qualche giorno fa Berlusconi ha modificato il Patto del Nazareno sulla legge elettorale accettando il premio alla lista, che renderà impossibile l'alleanza col Carroccio. Il modo perfetto per suicidarsi.