Sabato 20 Aprile 2024

Jobs Act: ok Camera. Ribelli Pd fuori dall'Aula con le opposizioni. Stabilità, via libera della Ue

Via libera con 316 sì e 6 no. Ventinove dissidenti nel Partito Democratico: "Impianto non convicente". Tra i primi a lasciare l'emiciclo, Gianni Cuperlo e Rosy Bindi. Il ministro Poletti: "Atteggiamento prevedibile"

Jobs Act, protesta di M5S alla Camera (Lapresse)

Jobs Act, protesta di M5S alla Camera (Lapresse)

Roma, 25 novembre 2014 - Con 316 sì e 6 no, l'Aula della Camera ha approvato il Jobs act, senza far ricorso al voto di fiducia, e con modifiche rispetto al testo del Senato. Il provvedimento torna adesso a palazzo Madama per il via libera definitivo. L'ala dura della minoranza Pd si divide fra chi non partecipa al voto, come la maggior parte, e chi vota contro. Tra le novità più significative introdotte durante l'esame in commissione la norma che da una parte esclude per le nuove assunzioni la possibilità di reintegro per i licenziamenti economici (prevedendo solo un indennizzo "certo e crescente con l'anzianità di servizio") e dall'altra parte conserva il diritto al reintegro nel posto di lavoro solo per i licenziamenti "nulli e discriminatori" e per "specifiche fattispecie di licenziamento disciplinare ingiustificato" che poi verranno definite nei decreti delegati dall'esecutivo.

LA MINORANZA PD - Oltre alle opposizioni anche i dissidenti del Pd che hanno annunciato di non votare il jobs act, hanno lasciato l'aula della Camera non partecipando alla votazione finale. Tra i primi a lasciare l'emiciclo, Gianni Cuperlo e Rosy Bindi"L'impianto complessivo del provvedimento rimane non convincente. Riteniamo che non ci siano le condizioni per un nostro voto favorevole e non parteciperemo al voto finale". E' la posizione assunta da ventinove deputati Pd Roberta Agostini, Tea Albini, Ileana Argentin, Rosy Bindi, Massimo Bray, Francesco Boccia, Marco Carra, Angelo Capodicasa, Susanna Cenni, Eleonora Cimbro, Gianni Cuperlo, Alfredo D'Attorre, Gianni Farina, Stefano Fassina, Paolo Fontanelli, Filippo Fossati, Carlo Galli, Monica Gregori, Maria Iacono, Francesco Laforgia, Gianna Malisani, Margherita Miotto, Michela Marzano, Michele Mognato, Barbara Pollastrini, Maria Grazia Rocchi, Alessandra Terrosi, Giuseppe Zappulla e Davide ZoggiaIn totale quaranta deputati del Partito democratico (su un gruppo di 307 componenti) non hanno votato il Jobs act, due hanno detto no al testo, altri due si sono astenuti. È quanto risulta dai tabulati del voto in Aula. I 'no' sono quelli di Giuseppe Civati e Luca Pastorino. Astenuti i civatiani Paolo Gandolfi e Giuseppe Guerini. Sei però sarebbero assenti "giustificati": Marco Di Stefano, Francantonio Genovese, Simonetta Rubinato, Rosa Villecco Calipari, Francesca La Marca, Enrico Letta.

IL MINISTRO POLETTI - L'atteggiamento della minoranza Pd "era prevedibile". Lo ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti. "C'è una discussione - ha aggiunto - che va avanti da tempo, loro fanno una valutazione diversa. Tuttavia anche chi non ha condiviso alla fine ha apprezzato i miglioramenti e ha riconosciuto il lavoro svolto".

STABILITA' - Sul ddl Stabilità si profila l'ipotesi di fiducia alla Camera. Secondo una tabellina di marcia, auspicata da quanto si apprende dal governo, l'esame da parte dell'Assemblea dovrebbe cominciare giovedì e già in serata verrebbe posta la fiducia per essere poi votata entro venerdì. Sabato, forse con una coda domenica, dovrebbe concludersi l'esame sulla manovra con le votazioni sugli ordini del giorno e il voto finale sul provvedimento. Presentato nuovo pacchetto di emendamenti: le proposte di modifica, che sono in tutto sei, vanno dai fondi per la lotta alle malattie infettive alla riforma dei fondi strutturali passando per norme sulle frequenze, l'autotrasporto, le forze dell'ordine e alcune misure legate alla riscossione.

VIA LIBERA DELLA COMMISSIONE UE - Intanto il Collegio dei Commissari ha confermato il via libera alle leggi di stabilità dell'Eurozona, con verifica a marzo degli impegni presi. Anche Francia e Belgio, oltre all'Italia, hanno inviato lettere di impegni. Per l'Italia, a quanto si apprende è stata riconosciuta la volontà politica di fare le riforme strutturali.