Venerdì 19 Aprile 2024

Italietta stonata

di Marco Buticchi

ESISTONO, nell’immaginario collettivo, mondi immacolati ove le soddisfazioni paiono lontane dall’allenamento delle ganasce: nel mondo dell’arte, ad esempio, si pensa che l’appagamento professionale rifugga i volgari mezzi per ottenerlo come il vil denaro, gli agi e le prebende. La gratifica dell’artista ha sede nell’intima essenza, nel benessere dello spirito, nella perfetta esecuzione dell’opera…  E proprio tra i recenti fatti dell’Opera di Roma vi suggerisco di andare a cercare conferma alle nostre convinzioni. Come spesso accade in questo Paese dei miracoli e dei miracolati, appena si scava sotto il polverone appaiono, anche per la blasonata Opera, i volti tipici di un’Italietta d’avanspettacolo. Sono stati sufficienti pochi colpi di piccone per portare alla luce timbratori di cartellini farlocchi, amici degli amici e parenti dei parenti. Insomma, anche nel tempio della musica, il copione è sempre lo stesso. Un copione rocambolesco, dal quale sono già emerse le gratifiche elargite per l’esposizione al Ponentino estivo nelle trasferte all’aperto a Caracalla, quella di trucco, parrucco e vestiario e quella per il maneggio di letali spade di plastica.

CAPISCO e condivido ogni sacrosanta difesa del posto di lavoro, ma individuo nelle prese di posizione strabilianti, mascherate da imprescindibili diritti sindacali, una delle rovine di questo nostro Belpaese. Senza contare che, nelle menti dei sognatori, appare scontato che un artista si senta appagato per la perfezione di un’esecuzione, un corista per la limpidezza di un acuto, un attore per la statura con cui ha calcato il palcoscenico. Nella realtà dell’Italietta così non è, e viene quasi spontaneo chiedersi quanto ancora valga il piacere di svolgere ‘insindacabilmente’ le proprie mansioni per le soddisfazioni che riescono a regalarci: solo se saremo capaci di riacquistare amore e passione per il nostro lavoro – e questo vale per tutti – usciremo dalle difficoltà. Conduce invece a risultati disastrosi rivendicare l’incredibile e pretendere l’impossibile per ottenere l’ennesimo beneficio. I risultati sono sotto gli occhi di tutti: Roma, la città dell’arte, è orfana di una delle sue Muse per una storia non edificante, fatta di cartellini riciclati, di indennità da magnaccioni e di sgarri ai parenti degli intoccabili. A languire, magari per colpa dei soliti 10 caporioni, è l’intera cultura del Paese. E, in tutta franchezza, non ne abbiamo bisogno. 

 

di Marco Buticchi