Gli italiani pronti all'accoglienza. "Ma chi non è in regola va espulso"

Il 53% è pessimista sulle mosse della Ue. Sotto accusa anche Renzi

Aiuti ai migranti (Afp)

Aiuti ai migranti (Afp)

Roma, 6 settembre 2015 - La foto del bambino morto su una spiaggia in Turchia è stata vista da ben il 72% degli italiani. Le istantanee di morte e disperazione circolate sui media in questi giorni hanno investito la sensibilità collettiva del nostro Paese, destando sconcerto per il costo umano degli sbarchi e un profondo pessimismo sulle prospettive di risoluzione dell’emergenza. In assenza di un coordinamento efficace e unitario della crisi, la credibilità dell’Unione, già intaccata dalle spinte centrifughe prodotte dalla recessione, è continuata a calare. Oggi, a fronte di un bilancio già pesantemente fallimentare, il 53% della popolazione è convinto che nei prossimi mesi l’Europa non saprà fare meglio di quanto fatto fino a ora per contenere il fenomeno migratorio. Quindi le aperture in questi giorni della cancelliera Merkel e del premier inglese Cameron non sembrano credibili se proiettate in un lungo periodo. Ma, cosa vogliono esattamente gli italiani, o meglio come vorrebbero che fosse gestita l’emergenza di questi giorni? Il 57% degli intervistati da IPR auspica un intervento immediato, in nome della solidarietà, che sottragga alla morte i migranti in viaggio verso il continente. La posizione però non va fraintesa. Approfondendo l’analisi, infatti, si può constatare che rispetto alla gestione dei flussi le distanze tra le posizioni delle diverse opinioni pubbliche continentali tendano ad assottigliarsi. E come la resistenza nei confronti di un’apertura incondizionata agli individui in fuga dalla sofferenza sia ancora estesa e molto forte. Tra i nostri connazionali (58%), per esempio, persiste la convinzione che coloro che non risultino classificabili come rifugiati vadano rapidamente rimpatriati. Se si considera però che solo il 20% degli italiani ritiene che la massa di migranti di questi giorni fugga effettivamente da persecuzioni piuttosto che dalla semplice povertà, si può ricavare quanto sia stretto nel nostro Paese il sentiero dell’accoglienza. Il dato interessante è che questa posizione rigidamente selettiva appare trasversale rispetto alle appartenenze partitiche e caratterizza il 70% dell’elettorato di centrodestra, ma anche il 41% di quello di centrosinistra. A dimostrazione di come, nello scenario confuso di oggi, le coordinate ideologiche tradizionali offrano una chiave poco efficace per l’interpretazione degli atteggiamenti. Anche il Governo italiano non esce bene dalle vicende degli ultimi mesi. A dispetto dei richiami rivolti dal presidente del Consiglio alle autorità comunitarie, il 61% degli intervistati ritiene che Matteo Renzi non abbia garantito sufficiente visibilità al problema in sede internazionale e che comunque non sia riuscito a proteggere l’Italia dal rischio di rivelarsi, com’era prevedibile, l’anello debole del continente. Inoltre per il 52% della popolazione, se è vero che in questi ultimi giorni si registra un timido cambio di rotta nei confronti degli immigrati da parte della Germania e dell’Inghilterra, questo è dovuto più all’azione di ‘resistenza ungherese’ che non alle strategie di politica estera del nostro governo. A questo proposito l’esito della suddivisione in quote della massa dei rifugiati tra i diversi Paesi, la ferma opposizione degli Stati dell’Europa dell’est a garantire minime concessioni e la volubilità mostrata dai leader nazionali nella gestione della partita hanno suggerito l’idea di un quadro fragile, frutto di un instabile compromesso e di un’assenza di regia. Oggi è il contesto europeo lo spazio decisivo per il raggiungimento di una soluzione, su questo gli italiani non hanno dubbi. C’è la speranza che le trattative in corso fino a martedì prossimo sappiano condurre verso un’inedita coesione, capace di porre un argine all’immane ecatombe del Mediterraneo e restituire nuova credibilità ai governi europei. Se fosse basata su di una nuova cultura dei diritti, questa rinnovata convergenza potrebbe rappresentare, forse, il primo passo verso un ulteriore, prezioso traguardo: quello di dotare il continente di quell’anima non economica, ma umana e tangibile, di cui si è sempre lamentata l’assenza. Nel frattempo l’Europa si sta allontanando sempre di più, nell’immaginario collettivo degli italiani.