Mercoledì 24 Aprile 2024

"Salah comunica solo con i pizzini"

Il terrorista in fuga da dodici giorni. Così beffa l'intelligence. Karmon: "Forse è in Belgio".

Salah Abdeslam, terrorista ricercato (Ansa)

Salah Abdeslam, terrorista ricercato (Ansa)

Roma, 26 novembre 2015 - Salah Abdeslam e il suo compare Mohamed Abrini sono in fuga da dodici giorni alla faccia di tutte le polizie del mondo. Come è possibile? Ely Karmon, decano dell’Istituto di controterrorismo di Herzliya – una città del distretto di Tel Aviv – e massimo esperto israeliano del settore non è sorpreso: "Può succedere. Non mi pare credibile che siano stati arrestati e che la notizia non venga divulgata. Quindi sono possibili due casi. Il primo è che siano riusciti a eclissarsi uscendo dall’Europa subito dopo essere tornati in Belgio". Dove sarebbero andati? "Nell’Africa settentrionale o in Turchia, forse con un passaporto falso. Non c’è problema infatti a procurarsene uno". E la seconda ipotesi? "Potrebbero essersi rifugiati in qualche posto molto isolato in Belgio o sul confine con la Francia, senza assolutamente usare il telefono. Come nel caso di Abaaoud qualcun altro potrebbe aver affittato un appartamento per loro". Che tipo di posto isolato? "Una zona rurale o un quartiere nel quale si vede di rado la polizia. Lì ricevono solo cibo o al massimo c’è un contatto per mandare in giro messaggi". Solo bigliettini? "Certamente non il telefono, fisso o mobile. Di sicuro la voce di Salah è registrata dal Sigint, il Signals intelligence, lo spionaggio di segnali elettromagnetici, e quindi riconoscibile e localizzabile dalla Nsa americana e dalle omologhe agenzie di Israele o della Germania. Grazie a questa tecnologia per esempio Israele è stata in grado di anticipare che l’A 321 della Metrojet russa è stato abbattuto da un ordigno esplosivo. Inoltre la polizia ha acquisito molte informazioni sia dai cellulari sia dai computer che hanno sequestrato. E tutti i loro contatti sono sotto controllo". Esclude che siano già in cella e che la circostanza venga taciuta? "Certo, è troppo importante. Già si moltiplicano le critiche serrate ai servizi francesi". La Fingen americana, l’intelligence finanziaria, in giugno aveva già segnalato Abaaoud al Belgio che non ne ha fatto nulla e non ha condiviso l’informazione. Le pare normale? "È emersa una mancanza assoluta di coordinamento fra belgi e francesi a partire dall’attacco al museo ebraico di Bruxelles del maggio dell’anno scorso. La stessa incomunicabilità è emersa in occasione di Charlie Hebdo". Continuano ad esserci muri nazionali fra gli 007? "Anche i turchi hanno detto di aver trasmesso inutilmente informazioni su due membri del gruppo entrati in azione a Parigi e che i francesi non si sono neppure degnati di rispondere. I transalpini sono assertivi, aggressivi e di solito efficaci. Però si deve anche dire che hanno a che fare con una quantità enorme di sospetti. Sono 3.700". Troppi da controllare? "Dopo Charlie Hebdo la Francia ha deciso di investire 700 milioni di euro per assumere 2.800 addetti alla sicurezza e ai servizi di intelligence. Però è personale che deve essere addestrato. Per farlo occorre tempo. E sul piano legale non potevano fare arresti o perquisizioni preventivi. Ora hanno portato a termine 300 operazioni, un attività intensa che prima non c’era mai stata, neppure dopo la carneficina di Charlie Hebdo". Qual è un’esperienza israeliana che raccomanderebbe? "La cooperazione interna è molto più stretta e in tempo reale. Ogni informazione è condivisa. Per esempio la polizia antinarcotici passa subito le sue notizie ai reparti antiterrorismo e viceversa. In caso di arresto o di targeted killing, l’uccisione mirata in vista di un imminente attacco di terroristi, tutti condividono sugli schermi dei loro computer le stesse informazioni e possono dare il loro contributo prima che si prenda una decisione".