Mercoledì 24 Aprile 2024

Isis, rinforzi peshmerga in marcia su Kobane. Turchia: "Aiutiamo la coalizione, ma no basi e truppe"

Dopo l'ok di Ankara i rinforzi curdi iracheni sono in viaggio per Kobane. Premier turco: "Aiutiamo la coalizione, addestriamo i ribelli. Ma per le basi aeree serve strategia chiara. E non invieremo truppe di terra, è compito dei peshmerga e dei miliziani siriani". Giornalista curdo: "Rehana è viva, decapitazione solo propaganda". Altro appello di sito vicino all'Isis ai lupi solitari: "Attaccate insegnanti stranieri in Paesi musulmani"

Un miliziano del Free Syrian Army (Ap/Lapresse)

Un miliziano del Free Syrian Army (Ap/Lapresse)

Istanbul, 28 ottobre 2014 - I peshmerga iracheni sono partiti dalla loro base di Erbil, nel Kurdistan iracheno, per raggiungere la città siriana di Kobane e aiutare i combattenti curdi a respingere l'assedio lanciato da oltre mese dai jihadisti dello Stato islamico. Da parte sua, Ankara ha fatto sapere che i peshmerga possono entrare in territorio turco e superare "in ogni momento" la frontiera.  "Non c'è più alcun problema politico. Non c'è nessun problema ad attraversare la frontiera. Possono farlo in ogni momento", ha detto il ministro degli Esteri turco, Mevlut Cavusoglu, citati dall'agenzia di stampa turca Anatolia.

Due ufficiali curdi hanno confermato alla France presse la partenza dalla base di Erbil di oltre 150 soldati alla volta di Kobane: un primo contingente, di 80 uomini, raggiungerà la città siriana via terra attraverso la Turchia, mentre un secondo, di 72 militari, volerà in Turchia per poi essere dispiegati nella città di frontiera.  "Quaranta veicoli carichi di armi, artiglieria e mitragliatrici con 80 uomini sono partiti alla volta di Dohuk (provincia) e da lì oggi attraverseranno il confine", ha detto uno dei due ufficiali.  Gli altri 72 uomini partiranno domani. 

TURCHIA: AIUTIAMO COALIZIONE, NO A TRUPPE DI TERRA. BASI AEREI SOLO CON STRATEGIA CHIARA- La Turchia è disposta a fare di più per aiutare la coalizione internazionale anti-Stato Islamico (Isis) per fermare l'avanzata dei jihadisti in Siria a condizione che anche il regime di Assad venga incluso tra gli obiettivi. Lo ha dichiarato ieri il premier turco Ahmet Davutoglu in un intervista trasmessa dalla Bbc. "Aiuteremo le forze della coalizione" ha assicurato il primo ministro turco difendendosi dalle accuse giunte da più parti sulle sul presunto sostegno di Ankara all'Isis.  La Turchia, "accelererà" il programma di addestramento dei ribelli anti-Assad del Esercito siriano libero concordato con gli Usa nelle scorse settimane, tuttavia è disposta a partecipare direttamente alle azioni militari della coalizione solo se mireranno anche a rovesciare il regime siriano: "Salvare Kobane è molto importante, ma non dobbiamo dimenticarci che Kobane è solo il risultato di una crisi più grande ed estesa in Siria" ha dichiarato il premier turco. 

Le trattative sull'uso delle basi turche per bombardare l'Isis non avranno successo fino a quando "i parametri saranno chiari" ha aggiunto Davutoglu. In Siria, infatti, serve una "strategia integrata" secondo il premier turco. Gli Stati uniti dovrebbero "rifornire ed addestrare l'Esl, perché quando l'Isis se ne andrà il regime non torni" ha spiegato Davutoglu.  La Turchia, inoltre, considera un pericolo anche i ribelli curdo-siriani Partito di unione democratica (Pyd), il braccio siriano del Pkk turco, che a Kobane stanno resistendo contro l'Isis da oltre 40 giorni: "Ci sono tre gruppi che non vogliamo vedere sul nostro confine. Il regime siriano, l'Isis e il Pkk. Sono tutti nemici della Turchia. Rappresentano un rischio e una minaccia" ha dichiarato Davutoglu.  

Il governo turco comunque non invierà truppe di terra per liberare la siriana Kobane dall'assedio dello Stato islamico. "Per salvare Kobane", ha detto, "riprendersela e riconquistare le aree intorno alla città dal controllo dell'Isis c'è bisogno di un'operazione militare", che solo i peshmerga curdi e i miliziani dell'opposizione moderata a Bashar Assad possono condurre.

GIORNALISTA CURDO: REHANA E' VIVA, DECAPITAZIONI SONO SOLO PROPAGANDA  - Rehana, la combattente curda diventata il simbolo della resistenza curda nella città siriana di Kobane, è viva e la notizia della sua decapitazione è solo propaganda dell'Isis. E' quanto ha scritto su Twitter il giornalista curdo Rashad Abdel Qader, smentando quanto apparso ieri sul Daily Mail sulla morte della combattente curda per mano dei jihadisti dello Stato islamico. "Parlato con Rehana, è sana e salva. Il pezzo del Daily Mail non è vero, e lei non ha ucciso 100 combattenti dell'Isis, ma combatte con fierezza", si legge sul suo account.  Nel pezzo apparso ieri sul quotidiano britannico veniva infatti ricordato che Rehana era diventata il simbolo della speranza curda dopo che un giornalista aveva pubblicato sul proprio profilo Twitter una fotografia che la ritraeva mentre faceva il gesto della vittoria con le dita e in cui si sosteneva che aveva ucciso oltre 100 miliziani dell'Isis. L'immagine era stata ritwittata più di 5.000 volte. 

Anche un altro giornalista curdo, Pawan Durani, ha smentito la morte della donna, accusando i jihadisti di aver fatto circolare la notizia solo per "tirare su il morale ai propri uomini": "Propaganda e menzogna scorrono nel loro sangue. Rehana continua a dargli la caccia".  I sostenitori curdi hanno anche postato un video della Cnn del 26 ottobre, intitolato "Is an enemy of Isis a friend of America?", come prova del fatto che Rehana è viva. La donna appare nei primi secondi del filmato, mentre sfila con una bandiera in mano.  Si stima che le donne rappresentino un terzo dei combattenti curdi impegnati a difendere Kobane dall'Isis. Si tratta di tutte volontarie, stando a quanto sottolineato dalla loro leader, Mayass Abdo.  

ISIS A LUPI SOLITARI: COLPIRE SCUOLE INSEGNANTI STRANIERI IN SCUOLE DEI PAESI MUSULMANI  - Isis ha lanciato un appello ai 'lupi solitari' a colpire gli insegnanti americani e stranieri delle scuole internazionali nei Paesi musulmani. Lo riferisce il Site, il sito di monitoraggio dell'estremismo islamico sul web. L'obiettivo è quello di "costringere i diplomatici stranieri" a lasciare i Paesi musulmani. 

IL 70% DEI PALESTINESI E' CONTRARIO ALL'ISIS  - Oltre il 70% dei palestinesi dei Territori vedono negativamente l'avanzata dell'Isis in Iraq e Siria. Il 45,4% pensa inoltre che lo Stato Islamico abbia riflessi negativi sulla causa palestinese. E' questo uno dei risultati di un sondaggio condotto nei Territori dal Jerusalem Media Communication Center (Jmcc) da cui è anche emerso un accresciuto sostegno a Hamas dopo il conflitto con Israele a Gaza.