Attacco in Italia, il piano segreto anti Isis

Pronti a reagire in pochi minuti. Il protocollo top secret messo a punto dal ministero dell’Interno

Miliziani dell'Isis

Miliziani dell'Isis

Roma, 1 luglio 2016 - Cosa succederebbe se un kamikaze entrasse in un aeroporto italiano? Caos, grida, sangue, panico: le immagini non sarebbero molto differenti da quelle che abbiamo visto nell’ultimo attacco allo scalo internazionale di Istanbul. E se invece che un solo attentatore ci trovassimo a dover contrastare un’offensiva su più fronti, come a Parigi e Bruxelles? Esiste un vero e proprio protocollo operativo top secret del ministero dell’Interno, un ‘canovaccio’ – aggiornato dopo gli attentati di Bruxelles del marzo scorso – che indica con precisione quale debba essere la reazione degli apparati dello Stato in caso di emergenza.

Due i piani specifici di azione: il primo relativo al dirottamento di un velivolo e ad attacchi negli aeroporti; il secondo sulla possibilità di un atto contro navi o nei porti. Ma il protocollo viene attivato per tutti i tipi di azione terroristica. È contemplata anche l’ipotesi di un’offensiva nucleare, batteriologica, chimica e radiologica. Quando l’attentato è in corso, scatta il livello tre di allerta. Ovviamente le forze locali sono le prime che intervengono, con i soccorritori e i vigili del fuoco.

Il ministero dell’Interno attiva l’Unità di crisi: la sala dei bottoni viene affidata al capo della polizia, in qualità di direttore generale di pubblica sicurezza.

Immediatamente vengono mobilitati i corpi d’élite di polizia e carabinieri: i Nocs (Nucleo operativo centrale di sicurezza) e i Gis (Gruppo di intervento speciale), i veri protagonisti nel caso di atti terroristici. In poche decine di minuti le squadre sono pronte a partire e garantiscono il raggiungimento di ogni parte d’Italia entro un paio d’ore, anche grazie agli elicotteri che trasportano il personale. Il loro equipaggiamento è ‘pesante’, con fucili d’assalto e protezioni studiate proprio sul tipo di armi fino a ora utilizzate dagli attentatori.

In attesa dell’arrivo di Nocs e Gis, c’è la mobilitazione delle ‘vedette’ dislocate nelle varie regioni italiane e sugli obiettivi sensibili: sono le unità e le aliquote operative di primo intervento (Uopi e Api) e le squadre operative di supporto (Sos). Addestrate all’interno dei reparti speciali antiterrorismo, in assenza di emergenze vengono utilizzate per monitorare quotidianamente gli obiettivi ‘caldi’, studiando le piantine degli edifici, esaminando le vie di fuga e tenendo controllate tutte le possibili presenze sospette. Ma con l’allarme a livello tre devono subito entrare in azione.

A seconda del tipo di emergenza, ci sono altre risorse su cui fare affidamento: i tiratori scelti, i breacher (specializzati negli abbattimenti di ostacoli per l’ingresso negli edifici), i sommozzatori e gli artificieri, già dislocati nelle varie questure e caserme d’Italia. Ma sono previsti anche esperti di informatica e telecomunicazioni e personale addestrato per attacchi nucleari, batteriologici o chimici. Poco conosciuti, ma indispensabili nel caso di ostaggi, sono i negoziatori (alcuni superspecializzati del Gis) che sono stati addestrati appositamente per ‘trattare’ con i terroristi. Non possono mancare, nemmeno, i ‘poliziotti a quattro zampe’, utili per fiutare l’esplosivo e seguire le tracce. Tra loro anche cani d’assalto così aggressivi che per il loro utilizzo è necessaria l’autorizzazione del magistrato, anche nel caso di un’emergenza terroristica. A supporto dei reparti di terra, ci sono quelli aeronavali.

Oltre al livello tre, il protocollo prevede altri due stadi: allerta uno, in caso di minaccia generica, e due per rischio imminente. In attesa di un possibile intervento, le squadre speciali operano attività di prevenzione giornaliera, svolgendo una ricognizione dei principali obiettivi sensibili. Sorvegliato numero uno, neanche a dirlo, è il Vaticano. Nei filmati di propaganda dell’Isis sequestrati nelle recenti operazioni antiterrorismo, infatti, sono stati trovati molti riferimenti alla città di Roma e, in particolare, al Papa, designato come un bersaglio.