Isis, il generale Jean: "Si combatte con le bombe"

Jean: subito un'azione militare di Stati Uniti e Occidente. "Il dialogo non serve"

Il generale Carlo Jean

Il generale Carlo Jean

Roma, 28 luglio 2016 - "Il dialogo interreligioso è certamente politically correct, ma la sua efficienza mi pare molto ridotta". Carlo Jean, ex generale di corpo d’armata e presidente del Centro studi di geopolitica economica è convinto del fatto che esista una guerra di religione prima di tutto fra musulmani. "All’interno del mondo islamico – argomenta – i radicalizzati sono una percentuale minima e i morti sono molto più numerosi dei caduti in Occidente. A differenza di al Qaeda, l’Isis vuole imporre la sharia fondando una specie di rotostato. Ha bisogno di soldi e di territorio? Bene, colpiamolo. Esistono due tesi in proposito. La prima, quella di Olivier Roy, è che la radicalizzazione precede l’islamizzazione. Gilles Kepel è dell’avviso opposto. Questa linea è condivisa dal presidente egiziano Abdel Fattah al Sisi. Nel suo discorso alla facoltà teologica al Azhar del Cairo ha proposto una rilettura dei testi sacri per consentire un’interpretazione più moderna degli scritti fondamentali (Il Corano e gli hadith, i detti) ispirata alla separazione della religione dalla politica". 

Le indagini sui ‘radicalizzati in quindici giorni’ hanno sempre messo in luce che quasi sempre attorno ai cosiddetti lupi solitari c’è una rete. 

"Cercano appoggi. I social network li facilitano".

Pensa anche ai due giovani che hanno sgozzato il viceparroco di Saint-Etienne-du-Rouvray?

"Sembra che il secondo venga dalla Savoia, quindi abitava a centinaia di chilometri dall’altro che viveva in Normandia. La rete annulla queste distanze fisiche e rende più facile l’affiliazione. Con le misure di protezione che adottiamo in Europa ci difendiamo soprattutto dai manovali. Per attaccare i generali occorrerebbero interventi al di fuori dell’Europa".

Quali?

"L’Isis rivendica un attentato? Mandagli mille bombardieri. La prima volta li prenderanno come un aiuto di Allah per chi spinge per la radicalizzazione, alla seconda ci penseranno due volte. Di solito i generali hanno meno voglia di morire dei soldati semplici".

In questo contesto l’Occidente…

"Deve fare un’azione militare guidata dagli Stati Uniti per distruggere i centri di comunicazione e di propaganda. Anche la difesa contro i social network deve essere molto più efficace di quanto non sia ora".

Concretamente come?

"Da un computer parte un messaggio di radicalizzazione? Deve essere neutralizzato. Per esempio con bachi come lo stuxnet che fu mandato da israeliani ed americani per impedire il funzionamento dei sistemi di arricchimento dell’uranio in Iran".

In ogni caso occorrono tempi lunghi?

"Sì, e saranno necessarie le offensive".

Dove?

"In Siria e in Iraq prima di tutto, ma anche in altre zone nelle quali c’è una concentrazione di jihadisti come in Somalia, in Libia, nel Sinai, in Nigeria. Non si possono combattere guerriglieri fanatici, che non hanno paura di morire, con le buone maniere. Al Qaeda è stata distrutta con le offensive. Oltretutto hanno un grosso vantaggio".

Quale?

"Le azioni difensive costano parecchio e comprimono le libertà individuali. A parte il fatto che le persone da controllare sono troppe e sparse sul territorio. Il terrorista sceglie il punto, il tempo e le modalità con le quali attaccare e la difesa di un obiettivo rende immediatamente più aggredibili gli altri. Non ci sarebbero le forze sufficienti per difendere tutto".