Martedì 16 Aprile 2024

Iraq, jihadisti minacciano: "Conquisteremo Roma e il mondo intero"

Ma una parte del mondo islamico si solleva

Jihadisti dell'Isis (Ansa)

Jihadisti dell'Isis (Ansa)

Baghdad, 2 luglio 2014 - C'è anche Roma, il centro della cristianità, nel mirino di Abu Bakr al Baghdadi, 'califfo dello Stato islamico' creato pochi giorni fa nell'est della Siria e nell'ovest dell'Iraq. In un audio-messaggio diffuso da siti jihadisti, il 'principe dei credenti' si appella ai musulmani perché si lancino in altre conquiste: "Se Iddio vorrà, prenderemo Roma e il mondo intero".  Ed è con un altro audiomessaggio che pochi giorni fa gli jihadisti dell’Isis (Stato islamico dell’Iraq e del Levante) hanno annunciato la ricostituzione del Califfato, regime politico islamico sparito da circa un secolo, con la caduta, cioè, dell'Impero ottomano nel 1924.

Ma una parte del mondo islamico si solleva. In un appello pubblicato nelle ultime ore dalla stampa panaraba e occidentale, illustri intellettuali dei Paesi arabi stretti tra il Mediterraneo e la Mesopotamia mettono in guardia dal pericolo di veder trasformato il Medio Oriente in una "vetrina mondiale del fallimento degli Stati, delle societa' e della stessa religione". Tra i firmatari spiccano i nomi di scrittori, poeti, attivisti per i diritti umani, editori affermati, drammaturghi, ricercatori e docenti universitari residenti nei loro rispettivi Paesi d'origine o all'estero. Secondo loro, lo Stato islamico "per principio si pone contro la libertà, le donne, la bellezza, l'educazione moderna". I qaedisti guidati dall'autoprocalmato " califfo" Abu Bakr al Baghdadi, vogliono "rendere schiavi gli abitanti delle regioni, appropriandosi delle terre e delle ricchezze".

 Lo Stato islamico, si legge, "non avrebbe potuto estendersi in ampie zone dell'Iraq e della Siria senza la lunga esperienza di sradicamento sociale e culturale operato prima di tutto dai regimi baatisti e, poi (in Iraq), dal regime che e' succeduto a Saddam Hussein, creando un vuoto politico e morale e imponendo la segregazione e la repressione delle popolazioni". In Siria invece, prosegue l'appello, "il regime schiavista si comporta come il proprietario del Paese e dei suoi abitanti e si ostina a uccidere i cittadini che si sono rivoltati e a distruggere da 40 anni il loro contesto sotto gli occhi del mondo intero".