Martedì 23 Aprile 2024

Inside Out, le emozioni protagoniste

Il nuovo film della Pixar uscirà in Italia il 16 settembre

Cannes, 22 maggio 2015 - Pete Docter l'ha fatto. Sembrava impossibile, dopo due capolavori come UP e Monsters&Co. e invece il ragazzone più talentuoso di casa Disney-Pixar, il figlio più dotato della nidiata di geni prodotta dal boss John Lasseter, si è superato, sfornando Inside Out, una magia che nutre occhi, anima e cervello. Il Grand Theatre Lumiere del Festival di Cannes in fermento per il film d’animazione che uscirà in Italia il 16 settembre. Da mettere in agenda assolutamente. Stavolta questo giovanottone alto due metri, orecchie a sventola e occhi azzurri – un James Stewart versione fumetto – con il co-regista Ronnie del Carmen ha sviluppato un’idea che connette fortemente realtà e sogno, con i piedi ben poggiati sulle ali della fantasia. E’ partito da una storia personale, i primi dissensi nei confronti dei genitori e turbamenti espressi da sua figlia di 12 anni, che lo hanno spinto a rappresentare in animation le piccole voci che abitano la nostra mente. Rabbia, Paura, Disgusto e soprattutto Gioia e Tristezza – autentiche eroine dell’opera – hanno la forza dei caratteri che si trovano nella letteratura e sono fatti per l’immedesimazione e per rimanere nella memoria a lungo. 

Riley è una ragazzina di 11 anni costretta a trasferirsi dal Minnesota a San Francisco con gli amabili genitori. Nonostante il carattere docile, non riesce ad adattarsi al nuovo stile di vita, alla scuola e ai nuovi amici. Ma c’è chi si prende in carico la sua emotività, turbolenta come può essere quella di una pre-adolescente. Nella sua mente c’è HeadQuarters (il quartier generale delle emozioni, la cosa più importante per una ragazza) composto da Joy, la principale, Sadness, Disgust, Anger e Fear. Ogni giorno il team capitanato da Joy prova a dare una direzione alla vita di Riley, cercando di risolvere i conflitti che sorgono fra le altre emozioni, sempre in disaccordo, e condurre tutto a una visione positiva della vita. Ma non è facile tenere a bada il groviglio di tensione, rabbia, felicità di cui siamo preda.

Ambientata in differenti location, a metà strada fra uno studios hollywoodiano e le montagne russe, l’esistenza di Riley e delle sue emozioni è continuamente scossa dai dolori e dalle prime delusioni cui si va incontro crescendo. Tradotte in scene di una ricchezza straordinaria e dal ritmo convulso. I dialoghi sono irresistibili e si vorrebbe che questo sogno a occhi aperti non finisse mai. Ciò che stupisce ogni volta in Docter è come l’asticella della sua sensibilità si alzi, in favore di una narrazione fluente, piena, matura. Si rimane sedotti e tutti vorremmo dare un buffetto a Tristezza. Sussurrandole che la malinconia è necessaria, per riuscire a comprendere la gioia.

Il valore di una pellicola così è che, come sempre accade alla Pixar, la sceneggiatura è di ferro, anche perché si deve attagliare perfettamente al disegno – estremamente complesso – dei personaggi, quindi il minimo dettaglio, sfumature di voce e colore, consiste in un’operazione di aderenza totale e armonica ai movimenti dei loro interpreti. Superbo.