Mercoledì 24 Aprile 2024

Il sesso sbagliato

Roma, 29 giugno 2016 - Ogni muro che cade è una conquista verso l’evoluzione. Non me la sento di estendere l’ovvia affermazione al crollo di uno dei più radicati tabù di sempre. L’avvento della globalizzazione, la Rete e l’emancipazione hanno sdoganato – dopo secoli di braghettoni – una buona fetta del proibizionismo sessuale. Non voglio con questo dire che siamo giunti sino alla soglia del sesso libero ma, tra pornografia a portata di web, costumi disinibiti e riscatto delle giovani generazioni, poco ci manca. Approdati alla maggiore libertà, verrebbe da dire, finiranno tutte quelle problematiche connesse al gusto del proibito. Cesseranno violenze e soprusi, e generazioni di ragazze potranno finalmente affrancarsi da retaggi dai sapori medievali: «Vestiti così, siediti cosà, non dar mai adito a…», consigliavano le nonne. Quotidianamente siamo, però, raggiunti dagli echi di assalti a giovani indifese da parte di famelici branchi. Non si tratta di randagi rabbiosi, ma dei nostri ragazzi: figli della nostra borghesia che, per vincere la noia, diventano violentatori di gruppo ai danni di ragazzine della loro stessa età con gli occhi ancora velati da una cortina di innocenza.

EPPURE quel male immenso, intenso, inutile e stupido, le rende donne in un istante. L’innocenza svanisce dinanzi alla bestialità e alla pervicacia con cui il branco ammonisce: «Abbiamo le immagini: silenzio o ti sputtaniamo in Rete!». Cade a quel punto anche il coraggio di alzare la voce perché nella Rete finiscano i mostri in erba: bambini ridotti a percorrere il male degli adulti perché nulla c’è più da conquistare. Ecco perché non me la sento di sposare la liberalizzazione a tutti i costi: la sessualità è frutto di una serie di conquiste fisiche e morali. Gradini da salire progressivamente per raggiungere un equilibrio che, nel campo, rimane essenziale. Far cogliere quel frutto – convincendoci che tutto debba essere alla portata di tutti – ad anime troppo acerbe, rischia di compromettere irreversibilmente la stabilità e ridurre la conquista della scoperta a follia del branco. Nessuno dei rampolli randagi si cura mai, però, delle ferite indelebili o dei ricatti infami. Chiunque subisca quella pena trovi la forza di parlare: la Rete e il mondo civile non sputtanano gli innocenti, ma le belve che sono state capaci di tanto.