Venerdì 19 Aprile 2024

«Il Dna dira se e lui, ma iolo spero. Non sapere nulladi papa e stata una tortura»

Valentina Beltrame MODENA L'HANNO trovato nell'unico posto inesplorato del grande ospedale di Baggiovara, in cui si era perso nella notte tra il 30 e il 31 dicembre 2011. Ieri, dopo tre anni di ricerche, al piano terra del blocco 8, cioè nelle camere ardenti del nosocomio alle porte di Modena, un'agenzia investigativa privata ha trovato resti umani. Potrebbero appartenere a Primo Zanoli, il 64enne di Castelnuovo Rangone, paese nelle colline modenesi, scomparso misteriosamente dall'ospedale in cui era stato ricoverato in seguito a un ictus. Di lui non si era saputo più nulla: era sparito dal suo letto in piena notte, con la maglia del pigiama e un camice da degente, dopo che le infermiere gli avevano somministrato un sedativo, poiché soffriva di crisi di disorientamento. Lo hanno trovato in un vano-impianti, una sorta di camino largo quattro metri quadrati, in cui sarebbe precipitato dopo essere entrato inavvertitamente in un cantiere dove c'è un buco' parzialmente protetto. La certezza che sia lui potrà arrivare solo dall'esame del Dna, ma dagli indumenti pare si tratti proprio del paziente scomparso. È questa l'ipotesi più accreditata dalla polizia scientifica, squadra mobile e vigili del fuoco che ieri hanno cercato di capire come quel corpo possa essere finito lì. L'ipotesi è quella che il 64enne sia caduto inavvertitamente nel cavedio dopo essersi allontanato dal suo letto, come del resto aveva già fatto altre volte. Avrebbe raggiunto il cantiere tramite una porta tagliafuoco' che doveva essere chiusa. Il cadavere, liberato dai pompieri che hanno abbattuto la parete che nascondeva i resti umani, è stato trovato grazie a una sonda con telecamera, calata dal tetto per 25 metri dall'agenzia Sheridan, fino al piano terra delle camere ardenti. Una volta capito che la sonda stava riprendendo un corpo mummificato, è stata informata la magistratura. ALL'OSPEDALE è arrivata subito anche la figlia di Zanoli, Barbara, che tanto si è battuta insieme all'avvocato Lorenzo Muracchini affinché la sparizione di suo padre non fosse archiviata come casso irrisolto: «A questo punto, anche se la speranza è l'ultima a morire, spero sia lui. Tre anni di silenzio sono stati terribili, non sapere più nulla di mio padre è stata una tortura. Sapevamo che non poteva essere uscito di qui, fuori dall'ospedale non è stato trovato. C'era freddo e non aveva nulla con sè. Nelle sue condizioni di salute non poteva essere andato lontano. Almeno, se arriverà la conferma del Dna, potremo metabolizzare il lutto». È stata l'azienda Usl, in accordo con i familiari di Zanoli, a finanziare le ricerche che ieri hanno restituito un corpo compatibile con la persona scomparsa. Per il momento gli investigatori non hanno motivo di pensare che la caduta nel cavedio non sia stata accidentale. Solo l'autopsia potrà rivelare l'identità del cadavere rinvenuto e le cause della morte.