Giovedì 18 Aprile 2024

Il cigno nero

di Marco Buticchi

CI ILLUDIAMO che una torre inespugnabile sia sufficiente a preservare la nostra incolumità. Protetti dalle solide mura e ritirato il ponte levatoio, potremmo addirittura crogiolarci nell’ozio mentre il nemico si dannerebbe lì sotto per conquistare la rocca. Poco importa se, a garantire la salvezza, si ergano baluardi medievali o mattoni della tecnologia d’avanguardia. L’importante è che abbiamo speso l’ingegno per sopravvivere al male esterno. Utilizzo il vocabolo ‘esterno’ non a caso: il Cigno nero è dentro di noi e ogni mattone della nostra difesa rappresenta una conquista nella sua subdola e silente manovra d’attacco.

I comandi di un moderno jet sono progettati per prevenire ogni emergenza e, in molti casi, porvi rimedio riportando a casa passeggeri ed equipaggio: ogni strumento o comando è almeno doppio perché non vi siano dubbi sul suo corretto funzionamento.

C’È PERSINO una porta capace di preservare i piloti qualora malintenzionati tentassero di prendere i comandi del velivolo e gettare nuovamente il mondo nel panico dell’11 settembre. Eppure il male ‘interno’ è in agguato anche tra le luci a led e gli strumenti digitali. Poco gli interessa se nella carlinga ci sono anime innocenti e fiduciose nell’inespugnabilità della rocca. Poco gli importa se tra le sedute del volo low cost brillano i sorrisi spensierati dei ragazzi al rientro da una gita, tuonano i gorgheggi di un baritono, si avvicendano uomini d’affari o persone in cerca, su quel jet, di coronare i sogni di una vita.

Dall’alto della torre possiamo osservare il terreno circostante e prevenire le minacce. Ma il Cigno nero è al nostro fianco tra i merli fortificati. Le sue ali, scure come la notte, si spiegano invisibili. Si affanna anzi per garantire il suo contributo alla nostra salvezza. Conquista la nostra fiducia proprio quando, dentro di sé, sa che è finita; che la sua decisione è già presa. Nella sua narcisistica quanto schizofrenica uscita di scena, ha deciso di abbandonare il palcoscenico alla grande, trasportando un Continente e il mondo intero nello stridore assordante dello schianto che pone fine anche alla sua mente malata. Nessuna motivazione sarà mai valida a sufficienza per trascinare nel proprio delirio le vite innocenti a lui affidate. Non si può condannare un folle, ma piangere le vittime di una follia insensata è nostro dovere.