I silenzi americani

di Claudio Martelli

UN ANNO FA, in un magnifico saggio, lo storico americano Robert Kagan osservava che lo scontro che per un secolo ha animato la politica estera americana – lo scontro tra idealisti e realisti, tra interventisti e isolazionisti – stava sperimentando, con Obama presidente, le conseguenze di una vertiginosa fuga dalla realtà che non è fatta solo di interessi economici ma anche e soprattutto di sicurezza. Sicurezza che va garantita anche da un razionale uso della forza. Il ritiro dall’Afghanistan e dall’Iraq, l’inazione di fronte allo sfacelo siriano e al diffondersi della guerra santa islamista, le mezze misure contro l’Isis, l’egemonismo grande russo in Ossezia, Georgia, Ucraina hanno già provocato enormi sofferenze a molti popoli e un nuovo disordine mondiale. Certo, Obama, nel por fine alle guerre di George Bush, aderiva alla corrente maggioritaria del popolo americano persuasa che il paese debba farsi i fatti propri e lasciare che gli altri si arrangino. Ma la situazione si è così minacciosamente aggravata da costringerlo a correggere la sua strategia. Per ora molto timidamente.

DAL RIPENSAMENTO imposto dai fatti finora è derivato un uso più frequente dei droni in Mesopotamia e il rinvio del ritiro da Kabul delle truppe americane (e di quelle italiane se Renzi accoglierà la richiesta di Obama che anche i settecento militari italiani restino sul campo). Nello stesso tempo lo ‘storico accordo’ con l’Iran nuclearizzato sembra già impantanato dall’opposizione di Israele e dei repubblicani che ha ridato fiato, contro il mediatore Rouhani, all’ala oltranzista capeggiata dalla guida suprema Khamenei. L’agenda americana di Renzi prevedeva richieste di chiarimenti reciproci. L’alleanza storica tra Italia e Usa, le convenienze diplomatiche e la conferenza stampa comune parlano di un esito eccellente. I fatti ci diranno presto della portata effettiva dei colloqui. Renzi, giustamente, voleva un maggior impegno americano in Libia, anche solo l’impegno a inviare qualche drone (aerei da combattimento senza pilota), ma

OBAMA ha negato che se ne sia parlato. Il nostro premier ha rilanciato la candidatura italiana alla guida di una coalizione pronta anche ad incursioni aeree e a un eventuale blocco navale, ma Obama che si tenne fuori dalla sanguinosa defenestrazione di Gheddafi scatenata alla cieca da Sarkozy, ha negato che se ne sia parlato. Nulla è trapelato circa eventuali chiarimenti chiesti a Renzi in ordine al ruolo dell’Eni in Libia. La settimana scorsa il ‘Wall Street Journal’ non si era limitato a domandare come faccia l’Eni – unica compagnia petrolifera – a produrre gas e petrolio nella Libia devastata dalla guerra: ha fornito anche la sua risposta. Secondo il giornale americano l’Eni avrebbe stabilito accordi con le parti in conflitto, comprese le milizie islamiste. Chissà, forse a Obama è bastata la smentita del portavoce della nostra compagnia.

INFINE – come aveva previsto questo giornale – anche la molto amichevole visita di Renzi a Putin e l’invito al ‘democratore’ russo a impegnarsi militarmente nel Mediterraneo contro l’Isis terrorista, offrendo in cambio l’impegno italiano a ridurre le sanzioni, è stata oggetto di una secca replica di Obama: le sanzioni restano finché Mosca non rispetterà fino in fondo gli accordi di Minsk. Così Renzi e Gentiloni che le vogliono attenuare prima hanno preferito parlare di economia, incuranti che, dopo più di un anno, il Pil sia calato e il debito cresciuto.

di Claudio Martelli