Venerdì 19 Aprile 2024

"Nonna italiana, ragù e melanzane". Mark Ruffalo, il lato umano di Hulk

A Giffoni il divo protagonista della saga Marvel degli “Avengers”

Mark Ruffalo nell'Incredibile Hulk

Mark Ruffalo nell'Incredibile Hulk

GIFFONI VALLE PIANA (Salerno), 19 luglio 2015 - L’ABBIAMO da poco visto, al cinema, in “Teneramente folle”, marito e padre bipolare, tenerissimo ma incapace di tenere un ordine mentale e fisico nella sua vita. Il grande pubblico di tutto il mondo lo ha amato come Bruce Banner/Hulk nella serie “The Avengers”, il gruppo di supereroi tratti dai fumetti della Marvel. Lui è Mark Ruffalo. Riccioli neri, 48 anni, sguardo fra tenero e ostinato, sempre umanissimo. Si è guadagnato una nomination all’Oscar per il suo ruolo in “Foxcatcher”, un altro dei film migliori della stagione.

«Mi piace cambiare ruoli, non essere mai lo stesso. Il mio sogno sarebbe fare come Marcello Mastroianni», dice. «Mastroianni poteva essere dolce, gentile, ma anche ironico, beffardo, amaro, tragico, lieve. Sapeva incarnare tutte le sfumature dell’animo umano. Sogno di fare lo stesso». Ieri, Mark Ruffalo era a Giffoni, primo grande ospite internazionale del festival dedicato al cinema per ragazzi.

In “The Avengers” il suo personaggio, Hulk, ha un rapporto sempre più stretto con un altro supereroe, la Vedova nera, interpretato da Scarlett Johansson. Come si svilupperà?

«In effetti, la chimica tra Banner/Hulk e Vedova Nera si è sviluppata in una specie di romance. È una love story ancora in fase iniziale: non so che cosa succederà nel prossimo episodio».

E cosa succederà a lei, Hulk?

«Intanto spero di esserci ancora. Ma potrebbero benissimo esserci altri Hulk. Sto invecchiando, comincio a ingrigire. Più che Hulk sto diventando “Bulk”, la massa, il ciccione…».

Ma lei si è mai sentito un supereroe, nella vita?

«Assolutamente mai. In realtà, mi sono sorpreso quando mi hanno chiamato a interpretare Hulk. Mi hanno detto: “Ancora non è sicuro. Se stanotte, alle cinque, ci sarà un’auto sotto casa tua, allora sei stato preso. Altrimenti, torna a dormire”».

E l’auto c’era.

«Sì! Poi mi hanno portato con un jet privato fino a San Diego, mi hanno presentato ai produttori… Mi sembrava tutto un sogno».

Qual è il lato umano di Hulk?

«Il fatto che si trova a dover gestire la sua rabbia, proprio come tutti noi. Tutti dobbiamo fare i conti con l’ira, l’indignazione, la rabbia. La rabbia è una forza devastante che può essere usata anche per fini buoni».

Lei è di origine italiana. Che cosa è entrato, dell’Italia, nella sua vita?

«Prima di tutto il cibo. I miei sono originari di Napoli: mia nonna cucinava tutti i giorni. Io, bambino, la guardavo. E ho imparato a cucinare le melanzane alla parmigiana e le polpette, il ragù e gli spaghetti. Mi è servito molto, per invitare a cena le ragazze quando avevo vent’anni».

Che tipo di uomo ritiene di essere?

«Introverso, ma anche avventuroso, coraggioso. Un ragazzo qui al Festival mi ha chiesto di una mia malattia: è vero, in passato ho avuto un tumore benigno al cervello che mi provocò una paralisi parziale del viso. Ma sono guarito. Ora mi sento un ex ragazzo ribelle, qualche volta ancora infantile. E molto, molto innamorato di mia moglie».

Il suo modello di attore qual è?

«Da ragazzo non andavo quasi al cinema, vedevo pochissimi film. Ma una volta, con mia nonna, vidi in tv “Un tram che si chiama desiderio”, con Marlon Brando. E quella fu la folgorazione».

Di che cosa tratta il suo prossimo film?

«Si chiama “Spotlight”, uscirà in novembre. Interpreto un giornalista del “Boston Globe”, il quotidiano che denunciò le molestie dei preti cattolici sui ragazzini in Massachussets. Nel cast ci sono anche Michael Keaton, Rachel McAdams, Liev Schreiber e Stanley Tucci. Spero che il film riceva l’attenzione e il successo che l’argomento merita».