Mercoledì 24 Aprile 2024

Hollande e il selfie indigesto. Figuraccia mondiale in un clic

Beffato dall’ammiratore che si fa ritrarre col dito medio. Quando l'autoscatto imbarazza i potenti

Hollande e il selfie con 'dito medio' (Ansa)

Hollande e il selfie con 'dito medio' (Ansa)

Milano, 18 aprile 2015 - I CLIENTI sono pregati di avviarsi alle casse, il selfie-service sta per chiudere. Ascesa e caduta di un simbolo dell’era moderna. Forse l’epoca dell’auto-istantanea sta per terminare, e la malattia che la sta uccidendo è facile da diagnosticare: esagerazione. Ieri il presidente Francois Hollande (uno che d’altronde con le foto ha precedenti piuttosto pericolosi) è caduto in un tranello che non sperimentava più dai tempi delle elementari. Mentre candidamente si prestava all’autoscatto (ma poi vedremo che tra selfie e autoscatto c’è una bella differenza) richiestogli da un ragazzo, non si è accorto che quello proditoriamente esibiva il dito medio. L’immagine ha fatto il giro del mondo e probabilmente ha decretato l’agonia dell’ossessione globale per l’autoritratto digitale proprio quando sembrava che ormai il contagio fosse inarrestabile.

DI RECENTE persino Vladimir Putin, uno in presenza del quale viene automatico alzare il riscaldamento, si era prestato a qualche selfie insieme con bambini e ragazze, esibendo un gioviale sorriso da alligatore affamato. E che dire del Papa? Anche lui, con la contagiosa vitalità che lo contraddistingue, si è prestato più volte a selfie sbarazzini, mentre di Renzi non c’è bisogno di dire altro. Eppure qualcosa si muove. Già per il Festival di Cannes, insieme con quadrupedi e pornostarlette, il selfie è stato bandito con un proclama alquanto minaccioso: l’uso è stato definito dagli organizzatori una pratica «ridicola e grottesca».

Snobismo intellettuale? Affettazione ottocentesca? Eccentricità nobiliare? Perché il selfie viene sempre più giudicato come volgare e grossolano? Il vip si presta al selfie per rimarcare la propria illimitata democraticità: prestandosi all’obiettivo dello smartphone scende dal piedistallo e si mette in posa come qualsiasi gitante occasionale. Ma proprio questo contraddice la natura stessa del selfie: lo sconosciuto vuole immortalare il famoso e portarne via con sé l’anima dentro la scheda memoria perché si tratta di un uomo politico, un attore, uno sportivo, persino un ragazzo del grande fratello. Ma farsi selfare (chiedo scusa) confuta l’assunto: il selfato (di nuovo scusa) perde tutta la sua aura carismatica. Per quello gli attori sul red carpet resistono alla pratica: sono gli dei della fantasia, e non devono lasciarsi catturare nemmeno da un clic.

UNA VOLTA, è vero, ci si faceva l’autoscatto, ma era una cosa ben diversa. Innanzitutto l’uso era, per così dire, solo familiare. Nessuno si portava in giro una macchina fotografica da mezzo chilo e coglieva al volo l’occasione della foto col vip. Ma, soprattutto, l’autoscatto richiedeva una preparazione, una messa in scena, un’organizzazione complessiva: tutto il contrario dell’improvvisazione superficiale del selfie. Per farsi una fotografia con il presidente della repubblica occorreva magari prendere appuntamento, fare sei mesi di anticamera e poi timidamente scattare l’immagine sotto la guardinga sorveglianza di un corazziere alto un paio di metri. Oggi invece, nel mezzo del nostro cammin, ci ritroviamo per un selfie oscuro.