Orgoglio e democrazia

NON È stata una trattativa politica, è stato un linciaggio. Il linciaggio, a futuro monito e sulla pubblica piazza, di un "ciarlatano" come usava fare nel selvaggio West. Tutti, ma proprio tutti i governi d’Europa e le istituzioni che dell’Europa esibiscono i fregi hanno, con maggior o minor entusiasmo a seconda dei casi, voluto smascherare quello che consideravano il bluff di Alexis Tsipras e del suo volto più caratterizzato, il cinematografico Yanis Varufakis. Perciò hanno fatto campagna per il Sì al referendum greco sulla proposta dei creditori internazionali. L’obiettivo era infatti chiaro sin dall’inizio: mettere alle corde il recalcitrante Tsipras, spingendo gli elettori greci a delegittimarlo per poi sostituirlo con un più docile governo “tecnico” di larghe intese. Per questo è stata rifiutata la richiesta di ristrutturare il debito pubblico greco offrendo invece un piano che per oltre il 90% sarebbe servito solo a coprirne i costi. Per questo lo scorso lunedì la Banca centrale europea ha deciso di non concedere ulteriori risorse alle banche greche, determinandone di conseguenza la chiusura per tutta la settimana precedente il referendum nella speranza che il conseguente panico avrebbe spinto gli elettori greci verso il Sì. Per questo il presidente della Commissione europea, Jean Claude Junker, e quasi tutti i capi di stato e di governo dell’Unione sono intervenuti a gamba tesa nelle dinamiche politiche interne greche perorando a gran voce, e con roboanti minacce, le ragioni del Sì.

CALCOLO sbagliato, i greci hanno votato No. E probabilmente l’hanno fatto anche in reazione alle pressioni subite. Mai sottovalutare l’orgoglio dei popoli. Vale infatti per le nazioni quel che vale per gli individui: umiliandole, le si radicalizza. E si ottengono risultati opposti a quelli sperati. Che quanto è accaduto ieri possa servire da lezione è però quantomeno dubbio. Positivo il fatto che frau Merkel oggi vada a Parigi per incontrare il presidente Hollande invece che convocarlo alla corte di Berlino: positivo perché, essendosi Hollande inutilmente speso per riaprire le trattative con Atene, la scelta di andare da lui rappresenta un’implicita ammissione di colpa. PESSIMO, invece, il fatto che l’incontro finalizzato alla condivisione di una comune linea europea sulla Grecia sia stato convocato a tarda sera. Viene il sospetto che si voglia lasciare ai mercati finanziari il tempo di accanirsi sui titoli greci in modo da fiaccare la forza di Tsipras al tavolo della trattativa. Perché una nuova trattativa ci sarà, e il presidente americano Obama non è il solo a spingere perché venga suturato lo strappo tra Bruxelles e Atene. L’esito del confronto è incerto, le resistenze a un accordo sono forti. Ma se la trattativa si concluderà con una ricomposizione delle parti, sarà la seconda volta che la piccola Grecia dà lezione di democrazia alla grande Europa. La prima fu con un certo Pericle, quasi 2500 anni fa. P.S. Ovvio che il risultato del referendum greco rivitalizzerà i movimenti cosiddetti “populisti” in tutt’Europa e, in Italia, anche la minoranza del Pd. Per Matteo Renzi non è una buona notizia.