Il governo frena le riforme scomode. Al palo eutanasia, ius soli e adozioni

Dopo lo scontro sulle unioni gay stop alle tensioni in Parlamento

Milano, in piazza per le unioni civili (LaPresse)

Milano, in piazza per le unioni civili (LaPresse)

Roma, 14 maggio 2016 - Per quelli che temono che dopo le unioni civili, signora mia, dove si andrà finire, la risposta è semplice: da nessuna parte. Almeno, per ora, nessuna delle riforme auspicate o temute a seconda dei punti di vista in materia di diritti civili – dalla legge sull’eutanasia a quella sulla legalizzazione della cannabis – sembra destinata ad arrivare in porto. Mancano i numeri in Parlamento e mancano le condizioni minime nella società italiana. Basti pensare alla legge sullo ius soli che consente ai figli di immigrati nati nel nostro Paese di essere cittadini italiani (a determinate condizioni) tanto cara non solo a Renzi ma pure a Papa Francesco. Sulla carta, avrebbe le migliori chances per passare in Parlamento scontando l’opposizione aperta solo del centrodestra, ma è quella destinata ad incontrare le maggiori resistenze tra i cittadini, assai preoccupati dal problema dell’immigrazione. «Abbiamo già fatto tanto, abbiamo varato una legge sulle unioni storica – spiega Renato Schifani, capo dei senatori Ncd – non bisogna insistere troppo. Serve misura nelle cose, dobbiamo occuparci di altro, a partire dall’economia».   E’ uscita ufficialmente dall’elenco delle norme imprescindibili la stepchild adoption, l’adozione del figlio del partner in una coppia gay: il premier ha provveduto a depennarla, ma pure la riforma di sistema arranca alla Camera. Lunedì è in programma l’audizione del ministro Orlando, lo seguiranno altri esponenti di governo però la nave non sembra avere il vento in poppa. Né stupisce che sia finita su un binario morto, con il consenso di quasi tutti i partiti, l’eutanasia. Ma neppure la versione light, leggera, quella del testamento biologico se la passa benissimo.

In commissione affari sociali della Camera giacciono 15 disegni di legge sulle «dichiarazioni informate di trattamento sanitario»: sono tre legislature che il Parlamento si incarta su questo tema, difficile che ne venga a capo adesso. Anche perché il fronte cattolico di maggioranza è già sul piede di guerra: «Il premier non può immaginare di accelerare su questo tema come ha fatto sulle unioni civili», spiega la centrista Paola Binetti.  In effetti non ci pensa proprio. Pur non incidendo sulla vita delle persone, la normativa chiama in causa un principio della fede, quella della sacralità della vita. Figuriamoci se, dopo aver combattuto la battaglia sulle unioni civili pensa a cominciare una nuova guerra di religione. Piuttosto, gli piacerebbe incrociare le spade con le destre sul diritto di cittadinanza per gli stranieri: sulla proposta varata da Montecitorio pendono 8mila emendamenti in commissione affari costituzionali al Senato. L’accordo con Ncd è di riprenderla in mano dopo le elezioni amministrative ma più d’un attento osservatore del Palazzo pensa che Renzi, con il referendum costituzionale alle porte, ci penserà due volte prima di sfidare i timori degli italiani.    Sparita dai radar la legge sull’omofobia: avrebbe dovuto essere approvata entro l’anno scorso, poi subito dopo le unioni civili ora chissà. Fermo ai box del Senato anche il provvedimento sul doppio cognome che ha avuto il via libera della Camera un anno fa: complicherebbe il lavoro dell’anagrafe – dicono gli esperti – sotto stress con le nuove regole per coppie di fatto e unioni civili. In questo clima, figuriamoci quante possibilità di passare la legalizzazione della cannabis, che i radicali hanno recentemente rilanciato con la raccolta di firme per una legge di iniziativa popolare.