Gli sprechi mai risolti

Giuseppe Turani

LA COPERTA è corta e alla fine a pagare sono i cittadini. Questo è il senso dell’ultimo rapporto della Corte dei conti sulla finanza locale. Risulta che fra il 2011 e il 2014 le imposte locali siano aumentate del 22 per cento, in particolare nelle città di grandi dimensioni. Perché i sindaci hanno avuto la mano così pesante con i loro amministrati? La risposta è abbastanza semplice.

Da un lato la crisi economica ha tagliato le risorse da tassare (e quindi si è infierito sul quel che è rimasto), dall’altro il governo centrale per far quadrare i suoi conti ha ridotto (e molto) i trasferimenti agli enti locali. E i sindaci sono andati a procurarsi i soldi nelle tasche dei cittadini. La stessa Corte dei conti, infine, spiega che ormai siamo al limite: tutto quello che poteva essere tassato è stato tassato dai sindaci e il peso che ormai grava sulle spalle dei contribuenti è anch’esso al limite.

 

NON CI SONO molte soluzioni. Se non una: spendere meno. Nei prossimi anni il governo intende fare salti mortali per ridurre il peso delle imposte nazionali e le spese dei ministeri e della macchina pubblica sono destinate a crescere: in queste condizioni è impossibile che vengano date più risorse ai Comuni.

I sindaci, naturalmente, protestano e sostengono che allora dovranno tagliare i servizi ai cittadini. Questo è vero e non è vero. I comuni, ormai, sono aziende colossali, con migliaia di dipendenti. In molte città del Nord sono addirittura la più grande azienda locale.

Tutto questo, però, è gestito in base alla politica. Nessuno (esperto) ha mai verificato se davvero serve tutta quella gente e se l’organizzazione del lavoro è la migliore. Dalle cronache del comune di Roma, ad esempio, si apprende che assunzioni clientelari, assenteismo e disorganizzazione sono la norma: non si raccolgono i rifiuti non perché mancano i soldi, ma perché non si sa farlo.

Roma è probabilmente un caso limite (Parma, però, è stata gestita anche peggio), ma forse anche altrove ci sono cattiva gestione e sprechi dovuti al “non saper fare” le cose (organizzare le mense delle scuole, i trasporti, la raccolta dei rifiuti, la distribuzione dell’acqua).

In fondo, la denuncia della Corte dei conti è una buona cosa: i sindaci sanno che per andare avanti non potranno più contare su altri soldi, ma solo su un lavoro migliore, più professionale, da parte loro.

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