Giovedì 18 Aprile 2024

Italiano ucciso in Egitto, due arresti. "Il ragazzo era da tempo nel mirino"

Il governo del Cairo è cauto: "Ci vuole tempo per trovare conferme"

Folla davanti all'ambasciata italiana in Egitto

Folla davanti all'ambasciata italiana in Egitto

Il Cairo, 6 febbraio 2016 - Un colpevole ci voleva e un colpevole, anzi due, potrebbe essere sulla graticola. A due giorni dal ritrovamento del corpo di Giulio Regeni e con le relazioni italo-egiziane in uno stato di quasi fibrillazione («qualcuno tenta di compromettere le relazioni con Roma» protestava ieri una nota del portavoce del ministro degli Esteri egiziano) al Cairo serviva una scossa per mostrare che l’Egitto ci è amico. E così proprio mentre gli investigatori italiani (sette uomini di Ros Carabinieri, Sco della Polizia e Interpol) erano appena atterrati all’aeroporto del Cairo il sito internet del quotidiano egiziano Masrawy , con tempismo perfetto, pubblicava la seguente notizia: «Sono stati arrestati e sono sotto interrogatorio due sospettati per il caso dello studente italiano trovato morto lungo l’ Alexandria Desert Road . Le agenzie di sicurezza hanno raccolto importanti indizi sul caso, in base ai quali si è trattato di un gesto criminale e non collegato al terrorismo». Figurarsi legato alla repressione del movimento islamista.

Dopo il fallito tentativo della polizia di accreditare l’incidente stradale e il maldestro tentativo di ipotizzare una inesistente pista sessuale facendo ritrovare il cadavere seminudo, ora si accredita la pista dei criminali comuni, quella di una rapina andata male. Tragico ma tranquillizzante. La notizia è stata probabilmente fatta filtrare per vedere come viene accolta in Italia, e non a caso ieri pomeriggio il portavoce del ministero dell’Interno egiziano, il tenente colonnello, Mohamed Dawood, era cauto, ripeteva che ci vorrà tempo: la notizia non può essere confermata». Quello che pare più probabile agli italiani che vivono da anni in Egitto è tuttora che si tratti di quello che ai tempi di Gamal Nasser la popolazione chiamava Wara al Shams (dietro al sole). Cioè di una sparizione, per eliminarlo, di un soggetto e scomodo al regime. O, meglio, che appariva tale.

Ieri nell’ospedale italiano del Cairo si è svolto un incontro di preghiera in suffragio di Giulio Regeni. La chiesetta dell’ospedale Umberto I era gremita da meno di cento persone, quasi tutti funzionari d’ambasciata, dipendenti della struttura e una decina di amici. La salma, completamente coperta da un lenzuolo bianco su cui erano stati adagiati dei fiori, è rimasta nell’obitorio adiacente dove la madre di Regeni, Paola Deffendi, ha tenuto le mani quasi a proteggere dal mondo quel figlio coraggioso e sfortunato. Visibilmente commossa era Noura Wahby, la ragazza velata che su Facebook ha definito Giulio «il mio migliore amico», con cui ha studiato a Cambridge. Accanto ai genitori, al primo dei banchi della chiesa, c’erano l’ambasciatore d’Italia al Cairo, Maurizio Massari, con la consorte. Il diplomatico ha pronunciato un breve discorso in cui fra l’altro ha affermato «Siamo tutti Giulio». Oggi alle 13 la salma di Giulio è attesa a Fiumicino, ad accoglierla ci sarà il ministro della Giustizia Andrea Orlando. Il corpo di Giulio sarà quindi trasferito all’istituto di medicina legale della Sapienza, dove verrà eseguita la seconda autopsia, essenziale per l’indagine della procura di Roma. Dalla quale ci si aspetta una sola cosa, ma difficilissima: una verità non di comodo. «Abbiamo fiducia in Dio, la verità verrà fuori» ha detto un familiare alla cronista dell’ Al Masry Alyoum che li attendeva. Speriamo che vada così