Tutto il mondo è paese

di ANDREA CANGINI

LA NOTTE di Natale del 1993, terminata la messa la signora Patricia Anderson uscì dalla chiesa, fece come di consueto accomodare i tre figli sul sedile posteriore della sua Chevrolet Malibù del ‘79 e imboccò la strada di casa. Fu tamponata, la macchina prese fuoco, i figli rimasero gravemente ustionati, uno dei tre perse una mano. Dalla causa intentata a General Motors si apprese che, per abbattere i costi di produzione, il serbatoio della benzina di quel modello d’auto era stato montato a pochi centimetri dal paraurti posteriore e senza particolari protezioni. Ne presero fuoco centinaia, di quei serbatoi. E diversi americani morirono tra le fiamme. Ma la compagnia stimò che il costo per mettere in sicurezza quelle Chevrolet Malibù (8,59 dollari per auto) era superiore al costo degli indennizzi (mediamente, 2.40 dollari per auto), perciò lasciò arrostire i malcapitati automobilisti. Così come non tutti gli uomini sono giusti e responsabili, non tutte le multinazionali considerano un valore superiore la vita umana e il bene comune. Tuttavia, in un’epoca di ragionieri costi e benefici tendono ad essere valutati essenzialmente su base aritmetica: il valore della vita ridotto a un numero su un bilancio al pari dei costi.

C’È POCO da stupirsi, dunque, se Volkswagen ha mentito circa le emissioni dei suoi motori diesel. Trattandosi però di una compagnia tedesca, pergiunta in buona parte pubblica, qualche ulteriore considerazione si impone. Per spiegare le rigidità di Berlino nei confronti della Grecia e del suo debito sovrano, i germanisti si sono appellati allo spirito protestante e al fatto che in tedesco il sostantivo femminile “schuld” indica tanto il concetto di debito quanto quello di colpa. Ne emerge il profilo di un popolo fieramente retto, e rigidamente attaccato ai principi di dovere e verità. Ma questa è filosofia, le cronache raccontano storie diverse. 

ECCONE alcune: lo scandalo dei falsi giudizi positivi espressi on line su certi modelli di Volkswagen e Bmw; il caso del drone Euro Hawk venduto agli Stati Uniti privo di sistema anti collisione; l’accusa ad Adidas di usare sostanze tossiche per il modello di scarpe Predator; le parole dell’amministratore delegato di Lufthansa, Carsten Spohr, che prima d’essere smentito dai fatti assicurava che Andreas Lubitz, il copilota dell’Airbus precipitato sulle Alpi francesi, era «atto al volo, al cento per cento». Se poi fosse confermato il sospetto avanzato ieri da un giornale tedesco che il governo Merkel era a conoscenza dell’imbroglio di Volkswagen, beh: liberi tutti. Sarebbe la conferma che tutto il mondo è paese e quanto a moralità i tedeschi non hanno nulla da insegnare né agli italiani né ai greci. Una magra, magrissima consolazione