Mercoledì 24 Aprile 2024

Arrivare a cent'anni è questione di geni

Attività fisica e dieta sana garantiscono un invecchiamento ideale. La flora batterica intestinale ha un ruolo protettivo

Anziani longevi (foto d'archivio)

Anziani longevi (foto d'archivio)

Roma, 21 marzo 2015 - La primavera è la stagione ideale per rimettersi in forma a tutte le età. A maggior ragione quando arriva la sospirata età della pensione. C'è più tempo per avere cura della propria persona, liberi dagli impegni lavorativi, ma il fisico ha bisogno di una spinta. Qual è la marcia in più dei centenari? Esiste una ricetta ideale per la longevità? Secondo le ricerche più recenti, discusse al Congresso Nazionale della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria (SIGG), per stare bene occorre un giusto mix tra genetica e stili di vita.

La predisposizione ereditata in famiglia aiuta, perché nei centenari si sono individuati numerosi meccanismi molecolari per riparare la macchina, ovvero per correggere i danni al patrimonio genetico, e quindi vivere più a lungo. Le sane abitudini e soprattutto l'alimentazione modulano l'attività del genoma. Un'indagine di Luigi Fontana, Università di Brescia, illustrata al convegno veneziano della Fondazione Veronesi, mostra che una dieta a ridotto introito di calorie può fare la differenza, allungando l'aspettativa di vita. Un ruolo di primo piano sembra riservato ai batteri dell'intestino, il cosiddetto microbioma: per invecchiare bene è importante avere una flora batterica intestinale efficiente, da nutrire anch'essa con una dieta adeguata e sana.

La longevità sembra poter derivare da una manutenzione particolarmente efficiente dell'attività delle cellule e degli organi, che nel tempo potrebbe contrastare l'inevitabile declino funzionale dell'organismo – ha spiegato Giuseppe Paolisso, past presidente SIGG – Alcuni geni sembrano avere un ruolo in tutto ciò ma sappiamo che, ad esempio, una singola mutazione genetica favorevole può allungare la vita al massimo del 40 %. Oggi appare perciò sempre più evidente che è l'attività del genoma nel suo complesso a influenzare la longevità: l'epigenetica, ovvero la modificazione dell'espressione dei geni nel corso della vita a seconda degli stimoli a cui è sottoposto l'organismo, sta assumendo un peso sempre più rilevante fra i meccanismi che incidono sull'aspettativa di vita.

Dicevamo prima della restrizione calorica: una riduzione dell'apporto di nutrienti in assenza di malnutrizione si associa a un aumento della durata della vita, anche nei primati e nell'uomo, perché in condizioni di scarse risorse energetiche l'attività dei geni vira verso una diminuzione delle attività e un conseguente prolungamento della vita. Tutto questo però significa anche che la longevità si può costruire: se non si nasce con una familiarità che aiuta a diventare centenari si può vivere in modo da favorire una speranza di vita prolungata.

Uno studio dell'università di Milano condotto da medici dell'Ospedale Maggiore Policlinico e dell'Istituto Auxologico Italiano, ha dimostrato ad esempio che nei processi della longevità sono coinvolti una più lenta crescita e un minor metabolismo cellulare e un miglior controllo nella trasmissione dei segnali cellulari. I geni e la loro espressione possono essere guidati verso la longevità soprattutto dalla dieta, assieme allo stile di vita in generale. Gli studi indicano ad esempio che la flora batterica intestinale ha un ruolo nell'invecchiamento: con l'andare degli anni si modifica e la capacità di mantenere batteri buoni è strettamente correlata alla possibilità di un invecchiamento di successo – ha osservato Nicola Ferrara, presidente SIGG – La biodiversità dei batteri intestinali si riduce nella terza età, favorendo la comparsa di infiammazione e squilibri che possono essere l'anticamera di numerose patologie: favorire attraverso una sana alimentazione il mantenimento della biodiversità della flora batterica può aiutare ad aumentare l'aspettativa di vita in buona salute.

Alessandro Malpelo

QN Quotidiano Nazionale