Mercoledì 24 Aprile 2024

Fibrosi polmonare, un respiro di speranza

Per la prima volta in Italia è disponibile nintedanib, trattamento che ha dimostrato di rallentare la progressione della forma idiopatica, che si comporta come un tumore del polmone

Polmone, fibrosi polmonare

Polmone, fibrosi polmonare

Milano, 12 maggio 2016 – Novità per la fibrosi polmonare idiopatica, per tanti anni orfana di cure. Per la prima volta in Italia è disponibile nintedanib, trattamento che ha dimostrato di rallentare la progressione di una malattia che oncologica non è, ma che si comporta come un tumore polmonare, anche in persone che non sono fumatori. Si manifesta in età adulta, più spesso nella maturità, con tosse secca e fatica a respirare. Nelle forme più impegnative c’è singhiozzo, stanchezza e perdita di peso.

La causa di questa affezione è sconosciuta, da qui il nome idiopatica, nelle lastre radiografiche del torace dei soggetti colpiti si riconoscono striature di connettivo (opacità dette a vetro smerigliato) che offuscano gli alveoli e impediscono ai capillari la normale ossigenazione del sangue. A volte chi soffre di fibrosi polmonare ha alle spalle una storia di allergie respiratorie, tabagismo o reflusso gastroesofageo, ma non è la regola. I riflettori sono puntati oggi su Nintedanib, di Boehringer Ingelheim, per il trattamento della fibrosi polmonare idiopatica, approvato dalle autorità europee (Ema) nel gennaio dell’anno scorso, che finalmente ha ottenuto la rimborsabilità anche in Italia.

«La malattia – dichiara il Prof Alberto Pesci, Università di Milano-Bicocca, direttore della Pneumologia nell’ospedale di Monza e Brianza – colpisce uomini e donne con una maggior prevalenza nel sesso maschile, soprattutto dopo i 50 anni, con età media alla diagnosi, di 66 anni. Fino a pochi anni fa non esisteva alcun trattamento. Studi randomizzati, controllati in doppio cieco hanno permesso di analizzare più di cinquemila pazienti nei quali è rallentata la progressione della patologia, un aspetto doppiamente importante per i pazienti in lista di attesa per trapianto polmonare (soluzione praticabile solo in casi selezionati). Il primo farmaco entrato in campo è stato il pirfenidone – aggiunge il Professor Pesci – ora l’arsenale terapeutico a disposizione dei clinici si è arricchito con nintedanib».

Nintedanib è un inibitore delle tirosin-chinasi (TKI) che ha tre bersagli: il recettore del fattore di crescita endoteliare vascolare (VEGFR), il recettore del fattore di crescita fibroblastico (FGFR) e il recettore del fattore di crescita derivato dalle piastrine (PDGFR). Due studi registrativi, INPULSIS 1 e 2, hanno coinvolto oltre mille pazienti e dimostrato l’efficacia nel rallentare l’evoluzione della malattia, riducendo del 50% il declino della funzionalità polmonare e del 47% il rischio di esacerbazioni acute. «Il farmaco – aggiunge il Professor Pesci – agisce indipendentemente dalla gravità della malattia. Una peculiarità di nintedanib è quella di poter intervenire in una fase precoce (con capacita vitale forzata al momento della diagnosi superiore al 90%) dove, probabilmente, si può ottenere un miglioramento della prognosi».

Allo stesso tempo, AIFA ha riconosciuto la possibilità di utilizzare il farmaco anche nei pazienti con una capacità di diffusione polmonare ridotta fino al 30% e anche sopra gli 80 anni, una scelta di civiltà. Soddisfatto Alessandro Giordani, Presidente dell’Associazione Pazienti Un Respiro di Speranza. Nintedanib ha dimostrato di essere efficace anche nei pazienti che alla diagnosi si presentavano con concomitanza di fibrosi ed enfisema. Gli eventi avversi più comuni sono di tipo gastrointestinale facilmente gestibili. La posologia è semplice: una capsula due volte al giorno. Ad oggi sono 515 i pazienti italiani per i quali i medici hanno richiesto la fornitura di nintedanib.

«Il farmaco – spiega Anna Maria Porrini, Presidente di Boehringer Ingelheim Italia – è stato reso disponibile già a fine 2014 in Italia, l’Azienda sosteneva i costi relativi con il programma di uso compassionevole, rivolto a persone per le quali non c’era alternativa terapeutica. In seguito alla definizione dei criteri di rimborsabilità che ha adottato AIFA, solo una parte dei pazienti attualmente in terapia potrebbe accedere all’uso del farmaco a carico del Servizio Sanitario Nazionale per cui la casa farmaceutica, per garantire la continuità terapeutica, ha deciso per i restanti pazienti, di dare la possibilità, in accordo con i loro clinici, di continuare il trattamento con il relativo costo ancora a carico dell’azienda».

Alessandro Malpelo, QN Quotidiano Nazionale