Ecco la clinica segreta del Cavallino. Le auto d’epoca rombano di nuovo

Ex Fonderia a Maranello, mille metri quadrati per le veterane del mito

La FERRARI 250

La FERRARI 250

Maranello (Modena), 21 agosto 2015 - C’È UNA macchina che probabilmente avrebbe davvero bisogno di un restauro a regola d’arte. E però forse non arriverà mai, in quella che un tempo era la sede della Fonderia Ferrari, nel cuore della gloriosa azienda modenese.

La storia l’ha raccontata, molto tempo fa, Franco Gozzi, per una vita braccio destro e consigliere del Drake. Gozzi era, per capirci, l’uomo che metteva nero su bianco le riflessioni del Vecchio: era lui il vero autore dei libri, bellissimi, firmati dal grande costruttore. Prima di andarsene nel 2013, è stato Gozzi a svelare il mistero di una Ferrari misteriosamente smarrita… nell’inferno verde della Amazzonia! La vettura era una Gto, forse il modello più amato dai collezionisti: l’aveva comprato un miliardario sudamericano. Il tizio finì male, vittima di un regolamento di conti. Il gioiello su quattro ruote passò di mano in mano, finchè negli anni Ottanta un esploratore narrò di aver visto, nascosta tra le piante della foresta amazzonica, la mitica automobile. Venne organizzata una spedizione di ricerca: senza esito.

MA PER una Ferrari perduta, si presume per sempre, tante ‘sorelle’ invece godono di eccellente salute. I collezionisti non badano a spese pur di garantire lunga vita alle creature uscite dalle officine di Maranello. E per venire incontro alle esigenze di una clientela particolare, nel 2006 l’allora presidente Luca Cordero di Montezemolo volle dedicare l’area della ex Fonderia, uno spazio di quasi mille metri quadrati, al recupero e alla valorizzazione di ‘pezzi’ che sono una espressione altissima dell’ingegno italiano.

L’INIZIATIVA ha riscosso un successo enorme, contribuendo alle sorti economiche della casa. Ci sono ingegneri e meccanici che accolgono ‘le bambine’, come le chiama affettuosamente uno dei tecnici addetti alla manutenzione, per cancellare le… rughe del tempo. Il lavoro è certosino: della macchina, sia essa una SuperAmerica anni Sessanta (i figli di Angelo Moratti, il patron dell’Inter euro mondiale di Helenio Herrera, stanno ancora cercando il modello che fu di proprietà del padre) o una TestaRossa, viene ricostruita la storia, la data di uscita dalla catena di montaggio, i passaggi di proprietà, eccetera. E soprattutto viene restituito alla vettura il fascino delle origini: a conclusione dell’operazione, tocca a Piero Ferrari, il figlio del Drake, firmare il certificato di autenticità.

CURIOSAMENTE, in tempi recenti in America (e dove, se no?) è nata una associazione di clienti del Cavallino che, pur accettando i restauri, difendono la ‘purezza’ del modello originale: a loro una Rossa piace di più con i difetti figli dell’età. Questione di gusti, certo.