Felici di litigare

PIER FRANCESCO DE ROBERTIS 

DIRE che si tratta di un gioco delle parti studiato a tavolino è troppo, ma dire che il conflitto in atto tra Pd di rito Leopolda e Cgil rischia di danneggiare tutti e due è troppo poco. E, soprattutto, sarebbe sbagliato.  Poiché la politica è scienza semplice che premia le differenze e chi sa farsi risaltare nell’immagine specchiata dell’altro, ecco che al di là di qualche aspra turbolenza del momento lo scontro tra la Camusso di lotta e il Renzi di governo finisce per provocare una sorta di effetto moltiplicatore della doppia azione apparentemente contrapposta. Prendendosi a sportellate, ambedue riaffermano la propria identità, e non fanno che occupare uno spazio politico superiore a quello della propria rappresentanza tradizionale, di cui alla fine in qualche modo godono entrambi, Pd Leopolda e Pd-Cgil. È una vecchia legge economica: l’offerta stimola la domanda. Due sinistre sono molto meglio di nessuna. Tanto più in un momento in cui l’offerta politica è inesistente, alternative in cerca d’autore, relegate a un berlusconismo senile, un protagonismo leghista interessante ma minoritario, un grillismo che ha ormai imboccato il piano inclinato dei periodici ballon d’essai della politica italiana.

CERTO, il gioco del poliziotto buono e quello cattivo a volte rischia di sfuggire di mano. Perché confronti di questo tipo si portano sempre appresso il loro carico di ruvidezze, perché la rottamazione renziana non si scaglia tanto contro le battaglie della Cgil sull’articolo 18 quanto sulla legittimazione stessa del sindacato, perché ci troviamo in un momento di forte crisi e sofferenza sociale in cui i nervi di tutti sono più tesi e magari ci scappano un po’ di manganellate impreviste.

POICHÉ poi ci sono le pinepicierno, quelle che devono fare gli esami di riparazione di renzismo dopo avere girato disinvoltamente tutte le correnti, e cercare di far dimenticare di essere state bersaniane, franceschiniane, veltroniane, quando parlavano di Renzi come una «supercazzola». MA se tenute sotto controllo, finiranno per rivelarsi incidenti di percorso, tutto sommato senza conseguenze. Anche perché, portata a casa la sua prima vera riforma, quella della fine della concertazione, e messo mano alla seconda, l’articolo 18, Renzi avrà già fatto in tempo a inventarsi un altro nemico.