Giovedì 25 Aprile 2024

Fassino: "Il governo ci dia i soldi, i campi rom li chiudiamo noi"

Il presidente dei sindaci: "Soluzioni abitative? Comunità e case protette"

Matteo Renzi con Piero Fassino (Ansa)

Matteo Renzi con Piero Fassino (Ansa)

Torino, 20 giugno 2015 - E DUNQUE Alfano vi dà i soldi per smantellare i campi rom. Le ruspe possono scaldare i motori.

«Lasci perdere le ruspe – dice Piero Fassino, sindaco di Torino e presidente dell’Anci (l’associazione dei comuni italiani) –. Il Viminale si è impegnato a garantire le risorse per un’opera di civiltà. Il dibattito fra rigore e buonismo è diventato un esercizio inutile capace solo di produrre derive caricaturali».

Tutto in una volta. I migranti alle frontiere, i rom nelle città. Per forza viene fuori la demagogia della ruspa. Ci è scappato di mano il senso di ospitalità?

«Abbiamo dimenticato di essere stati per 150 anni un paese di emigranti. Dovremmo ricordarcene adesso. E proviamo ad affrontare una questione alla volta. Per quanto riguarda i rom la soluzione non è rinviabile. Esplode ora perché in concomitanza c’è il dramma dei profughi sommato alle incognite della crisi sociale per le famiglie a basso reddito. Una miscela che può provocare tensioni. Per questo bisogna usare la ragione e non la pancia».

Ci spiega il percorso della road map? Costi, tempi, rischi.

«Il problema dei rom va affrontato partendo da due presupposti. Primo, non è un paese civile quello che consente alla gente di vivere nel fango e nella spazzatura sotto case di lamiera e cartone. La soluzione quindi è superare i campi come sono oggi. Secondo, oltre che incivili questi insediamenti sono pericolosi. Un punto di insicurezza sul territorio. L’urgenza mi sembra evidente. Vanno ripensati. E per farlo occorre una strategia fondata su risorse finanziarie certe, cosa che fino a oggi non è stata garantita. Per questo abbiamo chiesto un confronto con il governo, che si è impegnato a istituire un fondo apposito».

Tanti soldi?

«Fino a oggi una continuità nei finanziamenti non c’è mai stata. Questo è il punto. Esiste infatti un costo in più non valutato: dopo la ricollocazione è necessario bonificare un terreno che ha drenato per anni ogni tipo di sostanza. Per farlo servono risorse certe e non a singhiozzo».

E il rischio di scatenare la guerra fra poveri paventata dalla Lega? Dove le trovate le case?

«A Torino lo stiamo già facendo. Nel campo di Lungo Stura Lazio con più di 800 persone la metà è stata ricollocata. Le soluzioni abitative sono diverse. Comunità alloggio, case protette, strutture gestite dalle associazioni del Terzo settore. Tanto per cominciare si evita la concentrazione, che è di per sé una fonte di insicurezza. Poi è vero, tutte le emergenze precipitano sulla casa. I profughi, i rom, gli sfrattati. Occorre una strategia per ciascuno di questi problemi senza metterli in concorrenza. Un fondo per l’emergenza abitativa è già stato istituito dal Ministero delle Infrastrutture e vi attingono i comuni. Così per i profughi. E Alfano si è impegnato sui rom».

Poi anche i rom devono impegnarsi.

«Naturalmente. La condizione per il trasferimento è che accettino un patto di emersione. Devono mandare i bambini a scuola, fare una vita normale, rispettare la legge. La famiglia interessata accetta tutto questo. E se rompe il patto paga, la legge è uguale per tutti».

E quelli che una casa mai, meglio la roulotte?

«Penso a campi attrezzati ma senza lo scempio delle baracche arrugginite. Con un minimo di infrastrutture. E anche qui il rispetto assoluto della legalità».