Fare centro per vincere

di Sandro Rogari

MAL COMUNE mezzo gaudio, si diceva un tempo. Ma gaudio di chi? Non certo degli elettori che assistono disgustati alle risse furibonde quando non al disfacimento dei partiti. A destra e a sinistra. Del centro non parlo neanche. I suoi fondatori hanno pensato d’inventarlo come categoria autonoma della politica. Peccato che anche uno studente del primo anno di Scienze politiche sappia che in una democrazia bipolare il centro si conquista muovendo da destra o da sinistra. Ma da quelle parti pare che la nostalgia della Democrazia cristiana sia indelebile. A destra è un disastro. Una volta c’era un leader, Berlusconi, e un partito, che poi era il suo anche in termini patrimoniali, Forza Italia. Il resto era o comparsa (vi ricordate della Destra di Storace?) o predestinato alla fusione (vi ricordate di Alleanza nazionale di Fini?). L’ex Cavaliere sembrava il sole dall’attrazione irresistibile: successo e potere. Ora Berlusconi resiste nel suo «ridotto della Valtellina» attaccato da tutti: amici, ex amici, avversari, vecchi e nuovi.

Fino a ieri ha supplito al declino da politico navigato e abile grazie alla sponda renziana. Ora ha perso anche quella ed è assediato dentro e fuori Fi. Ma mentre Fitto pare più il liquidatore fallimentare che il successore politico, Salvini è l’astro nascente piglia tutto. Vuol far diventare un partito nazionale quello che era un partito regionale. È pronto a pagare tutti i prezzi e a raccattare tutte le sigle nel corpo mutante della Lega divenuto altro da sé. Al renzismo che parte da sinistra per conquistare il centro, contrappone la destra/destra. L’identità politica è fatta salva e magari anche l’effimero successo, ma è anche certa l’impossibilità di fare della Lega un partito maggioritario. Questo sempre per quella regoletta che abbiamo detto in esordio, ossia che per vincere bisogna conquistare il centro. Resta aperta l’ipotesi che per Salvini questa sia solo la prima fase, quella della conquista dell’egemonia a destra. Mentre la successiva potrà rispondere ad altre regole. Ma passare dalla protesta urlata alla moderazione è impresa ardua, soprattutto per la base antropologica che si è raccolta per conquistare il campo.