Sabato 20 Aprile 2024

Trump vuole il muro e il presidente del Messico cancella l'incontro

Il capo della Casa Bianca: "Tassa sui loro prodotti per pagare i costi". Poi sulla tortura: "Il waterboarding fuziona"

Il presidente Donald Trump (Afp)

Il presidente Donald Trump (Afp)

Washington, 26 gennaio 2017 - Prima crisi diplomatica per Donald Trump. Il presidente del Messico, Enrique Pena Nieto, ha annullato l'incontro fissato per martedì prossimo a Washington. Il motivo è il controverso muro che il neo presidente statunitense intende costruire al confine tra i due Paesi per contrastare l'immigrazione clandestina. La decisione di Pena Nieto è giunta dopo che Trump lo aveva ammonito di non venire "se il Messico non è disposto a pagare per il muro di cui c'è disperato bisogno". 

Il leader messicano, con cui il tycoon voleva iniziare a rinegoziare l'accordo commerciale nord americano (Nafta), aveva reagito subito al suo annuncio sulla nuova barriera, chiedendo "rispetto" per la sovranità nazionale e ribadendo che il suo Paese "non crede nei muri" e "non pagherà alcun muro". E se Sean Spicer, portavoce della Casa Bianca, ha tentato di gettare acqua sul fuoco ("Cercheremo una data per fissare qualcosa in futuro. Manterremo aperte le linee di comunicazione"), Trump ha provato a far passare la cosa come una decisione "congiunta" perché altrimenti l'incontro sarebbe stato "infruttuoso".

"Tassa del 20% su import dal Messico"

Il muro costerà 12-15 miliardi di dollari, ha annunciato lo speaker della Camera Paul Ryan, prevedendo che il Congresso approvi i fondi entro fine settembre. E se il Messico non dovesse contribuire finanziariamente alla sua costruzione, l'amministrazione Trump potrebbe imporre una tassa del 20% sulle importazioni dal paese centroamericano per coprire i costi. Una possibilità - ha spiegato Spicer - attualmente al vaglio e che permetterebbe di raccogliere 10 miliardi di dollari l'anno. 

Intanto, secondo quanto scrive l'Ap, Trump ha deciso di 'licenziare' il capo della polizia di frontiera Mark Morgan, nominato alla guida dell'agenzia (20mila agenti) lo scorso giugno.

IL NODO IMMIGRATI - Ma le frizioni con il Messico non fermano Trump, che ha intenzione di limitare l'ingresso in Usa di musulmani che arrivano da alcuni Paesi a rischio . Il miliardario populista ha spiegato che il suo piano per ridurre temporaneamente l'ingresso di rifugiati e musulmani da alcuni Paesi a maggioranza islamica non è quello 'stop' a cui aveva fatto spesso riferimento in campagna elettorale: "Non è un divieto contro i musulmani. ma si tratta di Paesi che hanno un sacco di terrorismo". Da qui la decisione di firmare a breve un ordine esecutivo per bloccare per un mese l'arrivo in America dei cittadini di sette Paesi musulmani: Iraq, Iran, Libia, Somalia, Sudan, Siria e Yemen. Il progetto, secondo la stampa americana, è intitolato "Protezione della nazione da attentati da parte di stranieri"; e delinea anche l'interruzione completa per quattro mesi del programma americano di ammissione di rifugiati in fuga da guerre.

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LA TORTURA - E mentre il popolo anti-Trump è tornato in strada, ad aumentare le preoccupazioni - e non solo dei difensori dei diritti umani - sono le indiscrezioni sulla possibile riapertura delle carceri segrete della Cia all'estero per interrogare i terroristi e l'ambiguità di Trump sul waterboarding, l'annegamento simulato in fase di interrogatorio ritenuto una tortura e abolito da Barack Obama nel 2009. Nella sua prima intervista televisiva dopo l'insediamento il tycoon ha spiegato di ritenere "assolutamente che funzioni", scaricando però la decisione finale sul capo della Cia Mike Pompeo e sul segretario alla Difesa James Mattis. Il suo partito, Ryan in testa, lo ha già sconfessato, bocciando inoltre alla Camera la sua richiesta di un'indagine su brogli elettorali ritenuti inesistenti.

L'INCONTRO CON LA MAY - La sua presa di posizione piace poco anche al governo britannico, uno dei principali alleati su cui il magnate può contare. "La Gran Bretagna non giustifica la tortura in nessuna circostanza", ha precisato David Davis, ministro per la Brexit, nel giorno in cui la premier Theresa May è arrivata negli Usa per incontrare Trump. Proprio quest'ultima ha già avvisato che Londra potrebbe interrompere la collaborazione con l'intelligence Usa se gli Stati Uniti dovessero adottare la tortura per ottenere informazioni negli interrogatori.

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