Martedì 23 Aprile 2024

Alfano rilancia il dialogo Tripoli-Tobruk. Faccia a faccia a Roma

Faccia a faccia tra Aghila Saleh e Abdulrahman Swelhi che esprimono "profondo apprezzamento" per il ruolo del ministro italiano

Stretta di mano tra Aghila Saleh e Abdulrahman Sewehli

Stretta di mano tra Aghila Saleh e Abdulrahman Sewehli

Roma, 22 aprile 2017 - Roma torna al centro dei dialoghi di pace tra le fazioni libiche. L’idea di far incontrare il presidente della Camera dei Rappresentanti di Tobruk, Aghila Saleh ed il presidente dell’Alto Consiglio di Stato di Tripoli, Abdulrahman Swelhi – cioè i leader dei due parlamenti contrapposti –  è venuta qualche settimana fa al ministro degli esteri Angelino Alfano, e tramite il nostro ambasciatore in Libia Giuseppe Perrone, il faccia a faccia si è concretizzato in un incontro a Roma, che doveva essere assoluytamente riservato ma che i due interlocutori libici, «per dare un segnale in Patria», hanno voluto rendere pubblico. In una nota condivisa dai presidenti dei due parlamenti sia il presidente Aghila Saleh sia il presidente Abdulrahman Swelhi hanno espresso «profondo apprezzamento per il ruolo attivo e costruttivo del ministro Alfano e del governo italiano nel contesto dell’attuazione dell’accordo politico libico e di ogni sua modifica condivisa». «I colloqui - si legge in un comunicato diffuso dagli stessi rappresentanti libici - sono stati cordiali, franchi e proficui e hanno affrontato numerose questioni riguardanti la vita quotidiana dei cittadini libici. I due esponenti hanno concordato sul fatto che raggiungere una soluzione pacifica ed equa di questioni molto rilevanti richiedera’ ulteriori incontri, focalizzati sugli interessi del Paese e dei suoi cittadini, sulla riconciliazione nazionale, sulla fine dello spargimento di sangue e sul ritorno di tutti i rifugiati e gli sfollati libici alle proprie case». Come osservano fonti della Farnesina «è un incontro che apre ad altri incontri» e cerca di mettere assieme due tessere di un mosaico ben più ampio, e nel quale un elemento chiave è il ruolo da affidare all’uomo forte di Tobruk, il generale Haftar. 

"L''Italia _ ha osservato oggi Alfano in una intervista ad AdnKronos _ sta svolgendo un''azione discreta e a tutto campo dal punto di vista diplomatico a sostegno del dialogo tra libici a tutti i livelli. Serraj e il generale Haftar sono due attori tra i tanti che devono parlarsi in Libia. Sono entrambi personalità estremamente importanti, ma è necessario non trascurare il contesto di fondo all''interno del quale deve avvenire un dialogo produttivo e cioè il presupposto che la riconciliazione nazionale necessita di un approccio inclusivo e della partecipazione delle principali componenti della società libica. Insomma, non si tratta solo di due personalita''". "Solo quando tutti si sentiranno rassicurati e avranno la garanzia di poter partecipare attivamente al gioco politico _ha aggiunto il titolare della Farnesina- la Libia potrà vedere materializzata una prospettiva di stabilizzazione effettiva. E la mia azione diplomatica è proprio diretta a mettere le opposte fazioni libiche in contatto tra loro, dimostrando che vi è ancora una finestra di opportunità per il dialogo".

Per disinnescare la mina Haftar l'Italia cerca di spersonalizzare la crisi, parlando alle componenti che si fronteggiano, non ai singoli leader. «Haftar dovrebbe avere un ruolo, ma non sarà il prossimo leader della Libia» ha non a caso detto l’altroieri il presidente del Consiglio Paolo Gentiloni rispondendo a domande del Washington Post in un’intervista. E questa è una linea che Gentiloni portava avanti già quando era alla Farnesina. Ora si tratterà di farla accettare ad Haftar, del quale Saleh è uno degli sponsor. 

Giusto venerdì Khalifa Haftar ha respinto la proposta algerina per una soluzione alla crisi del Paese del Nord Africa, illustrata dal ministro per il Maghreb, l’Unione africana e la Lega Araba, Abdelkader Messahel, che ha concluso a Tripoli, incontrando il premier del governo riconosciuto dalla comunità internazionale Fayez al-Sarraj, un viaggio che lo ha portato prima a Baida e a Bengasi, nell’Est, quindi a Zintan, Misurata e Tripoli, nell’Ovest. Messahel era giunto in Libia mercoledì scorso, nell’ambito di una delle iniziative che, ha detto «l’Algeria ha sempre fatto per avvicinare le posizioni dei fratelli libici in vista di una soluzione politica duratura alla crisi attraverso un dialogo tra libici inclusivo e una riconciliazione nazionale che tuteli l’integrità territoriale libica, la sua sovranità e l’unità e la coesione del suo popolo». Il ministro ha fatto la prima tappa a Baida, dove ha incontrato il presidente del parlamento di Tobruk, Ageela Saleh, il ministro degli Esteri del governo di Tobruk, Mohamed Dayri, e il principale consigliere politico del generale Khalifa Haftar, Abdelbasit Al-Badri, che è anche ambasciatore libico in Arabia saudita. Messahel ha quindi incontrato il generale Haftar nel suo quartier generale di Rajmah, nei pressi di Benina, secondo quanto riferito dai media libici. Stando a quanto riportato dall’emittente araba Al Arabiya, Haftar avrebbe respinto la proposta illustrata da Messahel, che prevederebbe la creazione di un “Consiglio Supremo” composto da Saleh, Haftar, Sarraj e dal presidente dell’Alto consiglio di Stato, Abderrahman Al-Sweihli, e avrebbe il compito di sovrintendere «un governo di unità nazionale rappresentativo di tutte le regioni e di tutte le parti politiche». La risposta di Haftar, secondo fonti vicine al parlamento di Tobruk citate da al Arabiya, sarebbe stata: «L’esercito è sotto l’ombrello politico dell’Assemblea dei deputati che ci ha dato l’ordine di combattere il terrorismo e di riportare la stabilità nel Paese e potete rivolgervi a loro per discutere le soluzioni politiche». Rivolgersi a Salah, è il consiglio di Haftar agli algerini. Consiglio che Alfano aveva già autonomamente intuito potesse essere una strada da percorrere. Se porterà a qualcosa è – come sempre nelle vicende libiche – un intricato mistero. Ma vale la pena provarci.